Lettere al Direttore IL Foglio 19.8.2014
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Breve requisitoria contro il pensiero di monsignor
Galantino
1-Al direttore - Dice Formigoni che al Meeting “quest’anno faremo a meno di Renzi”. Dove colpisce l’ottimismo di quel “quest’anno”.
Maurizio Crippa
2-Al direttore - A determinare la battuta d’arresto dell’economia tedesca non è stata la politica del rigore, ma il suo accantonamento. Tra le cause della inversione del trend vi sono anche le politiche adottate dal governo tedesco negli ultimi mesi per onorare l’accordo programmatico della grande coalizione. In sostanza, la cancelliera ha continuato a predicare il rigore in casa altrui ma ha abbassato la guardia nella propria. La riforma delle pensioni, per esempio, non produrrà risparmi, ma maggiori oneri, calcolati cumulativamente in 60 miliardi nel 2020 e in 130 miliardi dieci anni dopo. Poi una legge ha elevato a 8,5 euro all’ora il salario minimo legale: un provvedimento voluto dai socialdemocratici che ha prodotto la perdita di parecchi posti di lavoro dando luogo a un incremento della spesa per l’indennità di disoccupazione.
Giuliano Cazzola
3-Al direttore - L’intervista al Corriere dell’attuale segretario della chiesa cattolica italiana è riuscita a mandarmi di traverso la festa dell’Assunta. Fatta eccezione per la parte sull’eterologa, dove si sono lette cose teologicamente e pastoralmente apprezzabili anche se con un passo troppo felpato, il resto è stato a dir poco deludente. Soprattutto il Galantino pensiero (e speriamo che sia solo suo) sull’Iraq. Prima perla: “C’è un dolore partecipato. E un forte disagio: il disappunto perché la condanna certe atroci violenze è arrivata tardi, si è fatta attendere…”? Oibò. Dolore partecipato? Ma dove? Ma quando? Ma da parte di chi, monsignore? E poi scusi, a chi si riferiva parlando del ritardo nella condanna delle violenze? Immagino stesse facendo autocritica a nome della chiesa, giusto? Ma ecco la seconda perla. Alla domanda su cosa pensasse della posizione del governo italiano sulla crisi irachena, la (non) risposta è stata un’illustrazione delle varie posizioni in campo, da cui però emergeva chiaramente da che parte pende sua eccellenza, nel momento in cui ha snocciolato quella che è la summa (con la s minuscola, ovvio) del mainstream culturale e politico dominante, ovvero: filo palestinese e anti israeliano, naturalmente anti americano e contro l’uso della forza (con buona pace della giovanpaolina dottrina sull’ingerenza umanitaria), pro autodeterminazione dei popoli (anche quando una parte ne massacra un’altra perché se ne fotte della democrazia), pro dialogo sempre e comunque “col mondo musulmano” (compresi, come no, i tagliagole dell’Isis). Spiace dirlo, ma la Cei di Ruini – che giocava in un dream team con Wojtyla al papato, Ratzinger alla dottrina della Fede, Sodano alla segreteria di Stato, e lo stesso Ruini vicario di Roma - era un’altra cosa.
Luca Del Pozzo
4-Al direttore - Temo che il ragionamento presente nell’articolo scritto da Manconi e dalle sue collaboratrici su “Autodeterminazione Stato e Corpo” porti dritto alla liberalizzazione della vendita dei propri organi. Poveri noi.
Giuseppe Romiti
5-Al direttore - I finanziatori dell’Isis stanno negli Emirati Arabi e in Turchia, tradizionali alleati dell’occidente. Dunque, perché non fermare il sostegno economico all’origine senza tante costose complicazioni interventiste? Filippo Testa
6-Al direttore - Bush, l’ultimo statista. Vado controcorrente, ma mi riferisco a dei fatti. L’intervento in Iraq per liberarsi di Saddam è avvenuto a seguito di un disegno strategico che ha consentito a quel paese di svolgere elezioni libere, di nominare un Parlamento, di fondare un regime “democratico”, la cui gestione, purtroppo, è naufragata per l’insipienza (a essere buoni) del capo del governo, troppo frettolosamente abbandonato dai suoi alleati occidentali e dalla loro necessaria moral suasion. Gli altri: non hanno saputo fronteggiare Assad, anche perché non avevano nessuna soluzione di ricambio; hanno assassinato Gheddafi consegnando la Libia alle lotte tribali e alla più irrimediabile ingovernabilità; appoggiano il generale egiziano che pure ha destituito un presidente legittimamente eletto; hanno sospinto Erdogan sempre più lontano dall’occidente e dall’Europa, in particolare; assistono inermi e impotenti al dilagare dell’islamismo integralista e feroce in moltissime regioni dell’Africa e dell’Asia. Che volete di più?
Enrico Venturoli
Già.