Iraq, mille mercenari italiani pronti a proteggere
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i pozzi di petrolio di Erbil
Li starebbe arruolando Salvatore Stefio, l’ex collega di Quattrocchi. Ma lui smentisce: non ne so nulla, se avessi voluto assoldare qualcuno lo avrei fatto con un avviso pubblico
18/08/2014 FRANCESCO GRIGNETTI ROMA, La Stampa
C’è una grande fibrillazione in questi giorni tra i contractor italiani - veri, presunti, aspiranti tali - per un progetto che ha preso a circolare in quegli ambienti. È l’Operazione Oro Nero. Non c’è bisogno di dire che rinvia ai pozzi iracheni messi a rischio dall’avanzata degli islamisti e alla necessità di garantire la sicurezza ai tecnici che vi lavorano. Tutto molto prevedibile. Meno prevedibile che a capo dell’Operazione Oro Nero sia indicato Salvatore Stefio, l’uomo che fu rapito in Iraq esattamente dieci anni fa assieme a Fabrizio Quattrocchi, Umberto Cupertino e Maurizio Agliana.
Ci riprova, Stefio? Nel 2004 andò a Baghdad assieme a un drappello di improvvisati contractor italiani per accaparrarsi contratti in quel settore. La vicenda fu tragica: dopo qualche giorno, Stefio cercò di rientrare in Italia, ma durante il viaggio fu rapito da terroristi islamici assieme ai suoi compagni di avventura, Quattrocchi fu ucciso, lui Agliana e Cupertino tenuti in ostaggio per 58 giorni, e liberati infine grazie a un’operazione congiunta d’intelligence italo-statunitense. Nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti. Stefio attualmente è il titolare della società «Resurgit». Si occupa di formazione. La sua specialità è la prevenzione dai rapimenti in aree di crisi e, in caso malaugurato di finire ostaggi, in tecniche di sopravvivenza psicologica.
«Ma io - dice Stefio, raggiunto al telefono - cado dalle nuvole. Ho visto che circola un documento nero che fa il mio nome e quello di Raffaele Gaudiano, ma vorrei io stesso saperne di più. Se avessi bisogno di personale, avrei fatto un avviso pubblico sul mio sito. In totale trasparenza. Così come ho fatto in passato». Già, perché Stefio è tornato ad occuparsi di security in aree di crisi. «Mi occupo soprattutto di formazione. Ma quando siamo stati in Libia, o altrove, abbiamo sempre messo gli avvisi sul sito. È così che si fa: una società di security che riceve una richiesta da un cliente, dapprima fa un’analisi dei rischi, poi redige un progetto e sottopone al cliente un preventivo. Se la cosa va in porto, allora si esamina il personale. Prima tra i propri collaboratori, poi eventualmente fuori. Nulla di schematico come è nel documento dell’Operazione Oro Nero».
Eppure il progetto che sta appassionando i contractor italiani prevede l’arruolamento di ben 1590 persone da inviare in Iraq, una brigata vera e propria, con due comandanti in capo («Comando delle operazioni sarà affidato al signor Gaudiano Raffaele, coadiuvato e alla stessa carica dal signor Stefio Salvatore»), un reparto comando «suddiviso in 3 compagnie per Trasmissioni, Infermeria e Supporti tattici», di 70 uomini; un reparto radiomobile «costituito da 4 compagnie per Pronto Intervento, Pattuglie, Servizio scorte, Vigilanza» per totali 1042 uomini; infine un reparto Operatori di sicurezza, 388 uomini i quali «garantiranno con la loro professionalità la riuscita delle disposizioni date dalla linea di comando e verranno impiegati sui siti per il mantenimento della sicurezza dell’area».
Chi sia il cliente che intende arruolare così tanta gente, non si sa. Il tam-tam sui social network accenna ad importanti compagnie petrolifere e a primarie società di contractor inglesi, che poi subappalterebbero agli italiani il lavoro sul campo. Si promettono turni di 3 mesi in missione e 40 giorni a casa, minimo un anno d’impiego, ma rinnovabile, a 5000 euro al mese con spese rimborsate a parte. Stipendi più alti si promettono ai 15 ufficiali da inserire nella linea di comando.
Stefio, dunque, si tira fuori. E così il suo partner Raffaele Gaudiano: «Smentisco assolutamente tutto». Gaudiano è il titolare di una società, la «Assi security», che sul proprio sito vanta un’esperienza ventennale «proveniente dal settore militare» e promette «un’analisi accurata nei minimi dettagli, progettando un piano di sicurezza adeguato alle esigenze riscontrate».
Non ha mai avuto esperienze internazionali, però non è meravigliato. «So che sui social sta girando questo documento, mi domando chi l’ha messo e perché. Potrebbe essere un’operazione mirata a screditare me e Stefio, che è mio partner, ma che non c’entra nulla neanche lui. Mi sembra un pesce d’aprile fuori stagione». E Stefio conclude: «Qualcuno gioca sulla mia notorietà». In Iraq da allora non c’è mai tornato. E ci tornerebbe? «Preferisco focalizzarmi sulla formazione».