Economia e Senato. Fino a quando Renzi dirà “no”
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alle elezioni anticipate
Tutti i timori di Palazzo Chigi sul capitolo Lavoro. La chiave (via Italicum) per sbloccare la riforma di Palazzo Madama
di Claudio Cerasa | 31 Luglio 2014 ore 06:15 F.Q.
Nel grande zoo del centrosinistra, dove i ministri hanno da tempo dichiarato aperta la caccia ai gufi, dove i collaboratori di Renzi denunciano il tiro al piccione contro il presidente del Consiglio, il leader del futuro alleato del Pd (Sel) chiede al Pd di uscire fuori da questa “sua allucinazione zoologica per cui vede svolazzare uccelli di sventura là dove ci sono idee diverse e pensieri critici” e dove i parlamentari del Partito democratico sono impegnati notte e giorno a confrontarsi con i parlamentari a Cinque stelle sugli effetti del verbo “cangurare”, la situazione politica che si presenta di fronte al Rottamatore, direbbe il saggio, è grave ma non seria.
Come racconta al Foglio un ministro importante, ci sono due piani da prendere in considerazione per capire il percorso che attende il governo Renzi. Il piano delle riforme, quel pacchetto che comprende la riforma del Senato e la riforma elettorale, è destinato a sbloccarsi nonostante i capricci di Sel: la tecnica del canguro funziona (via gli emendamenti uguali), la minaccia lanciata a Vendola dal Pd (se non togliete i sassi dal percorso ciao ciao alleanze) è destinata ad avere un effetto, le modifiche previste all’Italicum (confermate ieri da Renzi) sono osservate con occhio benevolo anche da Forza Italia (capolista bloccato, resto dei candidati eletto con preferenze, ritocco al ribasso della soglia di sbarramento) e a meno di incidenti clamorosi l’8 agosto a Palazzo Madama arriverà il primo voto sulla riforma del Senato.
Sulle riforme il Cav. balla solo con Renzi, la corte rischia una crisi di nervi Il premier, come confermano da Palazzo Chigi, non è solo provocatorio quando fa dire ad alcuni suoi parlamentari (come Roberto Giachetti) che in caso di incidente e in caso di improvviso moltiplicarsi di gufi rosiconi le elezioni sono possibili. Renzi è credibile nella minaccia perché con il voto anticipato il suo partito sarebbe sì penalizzato dall’attuale legge elettorale (proporzionale puro) ma sarebbe comunque vincente e non avrebbe problemi a sbarazzarsi di un partito guidato da un comico in declino e un altro guidato da un leader ai servizi sociali. La minaccia al momento resta tale, Renzi è convinto di avere in tasca la chiave per sbloccare gli ingranaggi e ciò che preoccupa il presidente è in realtà il piano numero due: quello legato all’economia. Da che punto di vista? Vediamo.
Renzi sa che per quanto sia vitale per il suo governo sbloccare il percorso delle riforme costituzionali sono altre le riforme che in questa fase sono vitali non tanto per il governo ma soprattutto per il paese. Il presidente del Consiglio, che da tempo osserva con attenzione il modello attraverso il quale la Spagna di Rajoy è riuscita a mettere un piede fuori dalla crisi (le stime sulla crescita, tra l’altro, sono state appena corrette al rialzo), è consapevole che in Italia non ci sarà una vera ripresa se non si riuscirà a portare avanti la riforma del Lavoro e si è convinto che senza avere in tasca delle buone credenziali sul Jobs Act sarà complicato ottenere qualche sconto sul capitolo flessibilità (la Spagna, ricordano spesso a Renzi, ha ottenuto una deroga sul deficit proprio dopo aver approvato la sua drastica riforma sul lavoro). La data segnata sul taccuino di Palazzo Chigi per capire quale sarà il destino dell’economia è quella del 6 agosto, giorno in cui l’Istat comunicherà i dati sulla crescita del secondo trimestre italiano.
Alla presidenza del Consiglio c’è poca fiducia sul fatto che possa comparire un segno positivo e, in più, i ministri vicini a Renzi si dicono “preoccupati” su come il governo affronterà tre snodi. Il capitolo legge di stabilità (24 miliardi da trovare entro il 20 settembre); il capitolo spending review (il governo non ha ancora deciso come metterlo in pratica) e il capitolo abbattimento debito pubblico (dalla Germania hanno fatto sapere a Renzi che il governo prima o poi dovrà presentare un piano di abbattimento dei 2.120 miliardi di debito pubblico). L’economia, scherzi sul Senato a parte, è il vero terreno che terrorizza Palazzo Chigi e alla fine, confessa al Foglio un altro collaboratore di Renzi, se c’è una possibilità che si vada alle elezioni anticipate quella possibilità è legata proprio a dossier di carattere economico. Sintesi del problema: “Sul Senato e sulla riforma elettorale alla fine una quadra si troverà. Il problema sono le altre riforme. Il dossier sul Lavoro e il decreto competitività. Dovesse esserci qualche ostacolo insormontabile su questi punti io non so quanto il governo possa avere la possibilità di andare avanti a lungo”.