27 Giugno 2014

Nell’agosto del 1993, due mesi dopo la strage

di via dei Georgofili a Firenze e due mesi prima della decisione del ministro Conso di non rinnovare il trattamento differenziato per trecento detenuti, una trentina dei quali mafiosi, il Ros dei carabinieri viene chiamato a pronunciarsi sull’utilità del 41 bis per i detenuti di mafia. Il parere era richiesto dal ministero di Giustizia e riguardava le modalità di applicazione del regime speciale carcerario. Il Ros si espresse per la “letterale applicazione dell’art. 41 bis” aggiungendo alcune considerazioni su come la durezza del trattamento fosse funzionale ad ottenere le confessioni dei detenuti. Argomentazione che può essere, credo con molte ragioni, criticata sul piano del rispetto del diritto. Ma non è questo il punto. Il documento è protocollato e firmato dall’allora comandante del Ros generale Subranni e dal suo vice colonnello Mori. Entrambi sono ora imputati nel processo sulla cosiddetta trattativa. Ieri Mario Mori ha prodotto il documento alla corte d’assise. L’estate del 1993 nell’ipotesi dei pm è il momento in cui si sviluppa una trama “trattativista” per concedere ai mafiosi l’attenuazione del regime carcerario. Il documento dimostra come quei carabinieri che secondo l’accusa erano partecipi del complotto, si trovavano schierati su una posizione opposta. Non torna. Come molte altre cose in questo strano processo.

di Massimo Bordin | 27 Giugno 2014 ore 06:30 Il Foglio 

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