Meno pubblico è la cura per risanare
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Ad arrivare nel cuore del problema ci ha pensato
la Corte dei conti, nel giudizio di parificazione sul rendiconto dello stato. La presidente del coordinamento delle sezioni riunite in sede di controllo, Enrica Laterza, ha individuato la necessità di «affrontare il tema del perimetro dell'intervento pubblico nell'economia, che appare oggi di un'estensione incompatibile con i vincoli presenti e prossimi venturi». A sua volta, il procuratore generale Salvatore Nottola ha denunciato l'abnorme dimensione delle società pubbliche. Ne ha bollata la crescita come possibile frutto di «logiche assistenzialistiche» e della volontà «di eludere i vincoli di finanza pubblica, specialmente riferiti all'attività contrattuale e alle assunzioni di personale».
Meno pubblico, quindi, è la ricetta proposta, anche perché si potrebbe così ridurre «il livello di prelievo tributario eccessivo». L'indicazione va oltre il generico richiamo a evitare «gli sprechi», spesso non individuati ovvero evocati al solo fine di non precisare i risparmi necessari. Comprimendo la presenza e la consistenza dell'apparato pubblico (non solo dello stato, ma altresì delle regioni e degli enti locali) si potrà procedere al risanamento dei conti pubblici. Condizione essenziale è la diminuzione del peso fiscale: altrimenti, in nome di sommi valori e princìpi (la salute, la vita, la sicurezza_), ministri e presidenti di regione, sindaci e assessori continueranno a spremere i cittadini.
Bisogna chiedersi come il governo intenda procedere per riscontrare positivamente gli ammonimenti della Corte. Liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli, vendite, a tutti i livelli territoriali, sarebbero le uniche risposte concrete. Per ora, siamo alle belle promesse.
Italia Oggi, di Marco Bertoncini 27.6.2014