Difendere la famiglia ormai è reato

“Appiccheremo fuochi per testimoniare che due più due

fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi”.

Il Giornale, di Mario Adinolfi, 11.6.2014

Ogni volta che in una università provano a impedire berciando che io presenti il mio “Voglio la mamma”, ogni volta che organizzano una contestazione fuori dal teatro dove vado con il mio libro, ogni volta che qualche coglionaccio che si crede di sinistra perché vuole fare un figlio affittando un utero chiede che non mi venga concessa una sala istituzionale per incontrare la gente di un territorio interessata alla mie opinioni, ogni volta insomma che vogliono togliermi la parola, io rileggo come in un mantra quelle righe di Gilbert Keith Chesterton. Poi appicco fuochi, sguaino la spada e vado a dire, pensate un po’: “Ognuno di noi è figlio di un uomo e di una donna”. Oppure: “Ogni bambino vuole la mamma”. Oppure: “Uccidere non è un diritto, esiste solo il diritto a vivere”. Robe così.

Cosa c’è di trascendentale? Non lo so. Fatto sta che da quando un paio di mesi fa è uscito il mio “Voglio la mamma – da sinistra contro i falsi miti di progresso”, nella mia vita si è scatenato il pandemonio. Da una parte, per un affetto che non so per quale via misteriosa si è alimentato, non passo giorno senza dover andare in una qualche città a presentare questo libro che parla di temi spinosi: famiglia, matrimonio gay, utero in affitto, diritti dei minori, transessualità, turismo sessuale, aborto, procreazione assistita, eugenetica, eutanasia (leggi l’intervista di Patrizia Pellegrino su adozioni e famiglia tradizionale). Non proprio un cinepanettone, insomma. Dall’altra non passa minuto senza che mi becchi un insulto su un social network, un invito per qualche litigata in qualche trasmissione, una contestazione alla porta del luogo dove vado a presentare il libro. Le accuse? All’università di Roma hanno scritto su uno striscione che non potevo parlare in un ateneo perché “omofobo e antiabortista”. Almeno c’era una mezza verità, perché antiabortista lo sono veramente, come Pier Paolo Pasolini, come Norberto Bobbio, come i “marxisti ratzingeriani” di Vacca e Tronti. Tutta gente di sinistra che la sinistra potente e prepotente ha tenuto ai margini. E allora provano a tenere ai margini anche me e il mio libro. Che li ha irritati moltissimo e sono pronti ad approvare la legge Scalfarotto per sbattermi in galera per omofobia e togliersi una soddisfazione maoista: colpirne uno per educarne cento.

Insomma nel mio Pd qualcuno non tollera che uno come me che quel partito lo ha fondato, è stato candidato alla segreteria nazionale, membro della direzione fino a un anno fa parlamentare del gruppo alla Camera, sostenitore di Matteo Renzi anche quando si perdeva e non oggi che sono tutti renziani, abbia deciso di indicare nella famiglia tradizionale che non arriva alla fine del mese, nel bambino magari malato che viene abortito, in quello sano che è oggetto di compravendita con gli uteri in affitto, nelle donne spesso di contesti nazionali disagiati che gli uteri se li affittano e i figli se li vendono, nell’anziano malatissimo che invece che curato e amato nella malattia deve essere soppresso per via eutanasica, i soggetti deboli da tutelare. Perché che cazzo sei a fare di sinistra se non studi per individuare il soggetto debole e agisci per tutelarne, estenderne, accrescerne i diritti? No, nel Pd non vogliono studiare. E allora qualcuno manda la gente a contestarmi. E Facebook mi censura il capitolo sul matrimonio gay. Salvo poi essere costretti a ripubblicarlo, dopo che li ha tampinati per un giorno Avvenire, godendosi il loro imbarazzo.

Alla fine gli schiavetti di Zuckerberg si sono scusati e hanno scritto che il mio capitolo del libro l’avevano censurato “per errore”. Figuriamoci, ci sono commessi delle librerie che nascondono “per errore” il mio “Voglio la mamma” per farlo sparire dagli scaffali e quelli che dicono che ci vuole un mese per ordinarlo. Io ho lettori tignosi, alla fine abbiamo attivato l’email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e il libro se lo ordinano lì, pagano via bonifico e il giorno dopo hanno il volume a casa. Alla faccia di tutti i boicottatori, alla faccia di tutti questi cialtroni che pensano che i diritti da tutelare sono quelli dei tizi che vanno a fare caciara al gay pride (leggi l’intervista a Vladimir Luxuria sul gay pride in Italia).

Quelli del locale trans Muccassassina hanno prodotto un video con tanto di magliette e insulto: Adinolfi fascista. Ne consiglio a tutti la visione, così capirete che gente vuole piazzare la propria confusione tra desiderio e diritto al posto della tutela di un bambino che vuole sempre una mamma, della necessità di aiutare una famiglia composta da genitori e figli a pagare meno tasse con il quoziente familiare facendone pagare di più a single e coppie senza figli, perché sfamare cinque o sei bocche è diverso che sfamarne una. Io continuo a subire la quotidiana contestazione, guardo questi buffoncelli e ne sorrido. Chiedono di essere difesi dalla discriminazione e mi scrivono insulti a centinaia basati sul fatto che sono grasso. Io li leggo e poi mi rileggo Chesterton: “Gli uomini coraggiosi sono tutti dei vertebrati. Sono morbidi nella superficie e duri in mezzo”. E così sia. Il mio blog è www.marioadinolfi.ilcannocchiale.it

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