LE TANGENTI DEL MOSE PORTANO IL PD ALLA RESA

 DEI CONTI: I RENZIANI SCARICANO LE COLPE SULLA

“DITTA” BERSANIANA, E LOTTI AFFONDA ORSONI: “NON AVEVA LA TESSERA PD” - 2. NELL’INCHIESTA VENEZIANA CI SONO I 55MILA EURO PER IL FEDELISSIMO BERSANIANO ZOGGIA, LE INSINUAZIONI SU ZANONATO, E MARTINA “AMICO DI GREGANTI” (LUI NEGA E QUERELA) - 3. ZOGGIA: “HO FATTO CONSULENZA VARIA, DA COMMERCIALISTA. NON AVEVO RUOLI NEL PD” - 4. BELPIETRO: “IL GRUPPO DIRIGENTE DEL PD è ANDATO A SCUOLA DA SCAJOLA: AVEVANO IL SINDACO DI VENEZIA E CONSIGLIERI REGIONALI (ARRESTATI) MA NON LO SAPEVANO” - 5. LO SCONFITTO GRILLO GODE SU TWITTER: “NOI #VINCIAMOPOI INTANTO #ARRESTANOVOI

Dago Spia, ” 6 GIU 2014 13:51

1. MOSE, SCONTRO NEL PD

Giovanna Casadio per ‘La Repubblica’

La “vecchia guardia” dem non ci sta a fare da capro espiatorio della nuova Tangentopoli. La “ditta” ha avuto una bella botta con lo scandalo del Mose. Un pezzo di Pd compare un’altra volta compromesso in loschi affari e corruzione. E al Nazareno il vice segretario Lorenzo Guerini, a cui Renzi ha affidato il partito, parla di «rabbia». Rabbia, sconcerto, fastidio. «Dopo tutto il lavoro che abbiamo fatto... chi ha sbagliato deve essere politicamente isolato. Ora noi voltiamo pagina».

Ma i veterani democratici, accusati di un modo di condurre la politica troppo vicino, se non «colluso» con gli affari, reagiscono. Cosa c’entra la frattura vecchio/nuovo, giovane/vecchio sulla corruzione? Crescono tensioni e polemiche. Pierluigi Bersani dopo aver smentito seccamente di avere mai incontrato Greganti, twitta rivendicando l’eredità berlingueriana: «Sarò a Cagliari e lunedì a Genova su Berlinguer per sognare una politica bella, pulita e coraggiosa». Proprio la prossima settimana il Pd ricorderà Enrico Berlinguer e il suo insegnamento etico in Parlamento. Non poteva cadere in un momento più opportuno.

Ma il 14 giugno l’Assemblea nazionale del Pd sarà una resa dei conti. Rosy Bindi, la presidente della commissione Antimafia, che ripulì la Dc proprio in Veneto quando scoppiò Tangentopoli, non ci sta: «Far entrare la corruzione nella distinzione tra vecchia e nuova guardia è fuorviante. La distinzione è tra chi ha combattuto il malaffare e chi ne è stato attore o complice». Attacca Laura Puppato: «Con la sua nascita il Pd doveva dare una cesura netta al modello di politica e affari: invece così non è stato». E ricorda le tante interrogazioni, denunce e richieste da lei presentate quand’era capogruppo in consiglio regionale veneto e a cui non è stata data risposta: «Il Pd ha visto molti Gattopardi, e ora tutto questo getta un’ombra sulla nostra credibilità».

I Dem sono una polveriera. C’è Luca Lotti, il sottosegretario all’Editoria e braccio destro di Renzi che, dopo la lettura mattutina dei giornali, prende le distanze dal sindaco di Venezia: «Non è per scaricarlo, ma Giorgio Orsoni non è del Pd, non ha mai avuto la tessera...». E c’è Flavio Zanonato, ex sindaco di Padova, e amico di Orsoni: «Che di questa cosa si sapesse, che se ne sentisse parlare è vero. Ma il coinvolgimento di Orsoni con il quale ho avuto un rapporto di amicizia, non me l’aspettavo... spero si possa discolpare».

Qualche autocritica da fare? Norme, regole che sono mancate? «L’onestà non arriva per legge - risponde Zanonato - La corruzione è un cancro che minaccia la democrazia». Se ne discuterà di tutto questo nel Pd, e non ci saranno sconti. Lo garantisce la ministra Maria Elena Boschi, ricordando come i Dem si sono comportati con Francantonio Genovese, ex segretario del partito messinese e parlamentare, per il quale è stata votata dai deputati l’autorizzazione all’arresto.

Il “doge” Orsoni non avrà più alcun appoggio dal Pd. Pesa però il sarcasmo di Grillo: «Noi #vinciamopoi intanto #arrestanovoi ». «Grillo strumentalizza tutto - replica Danilo Leva - I ladri sono ladri e la responsabilità è individuale».

2. INCREDIBILE DIFESA DEL PD: GLI ARRESTATI NON SONO DEL PD

Maurizio Belpietro per “Libero”

Scusate, ci siamo sbagliati. Il Pd non c’entra nulla con il malaffare di Venezia. Hanno arrestato 35 persone, tra cui il sindaco della città, e un altro centinaio di signori è stato indagato con le peggiori accuse,ma il Partito democratico ha le mani pulite. Così almeno informa un comunicato della segreteria regionale del suddetto gruppo.

In una nota diffusa dalle agenzie di stampa nella mattinata di ieri, dunque a botta ancora calda per i provvedimenti della magistratura, i vertici del partito di Renzi non recitano il mea culpa per non aver vigilato sulle tangenti che hanno preso il largo insieme al Mose, ma ci informano che, pur essendo stato eletto con i voti del Pd e pur guidando un giunta a forte impronta Pd, il primo cittadino Giorgio Orsoni non è del Pd, perché non ha mai chiesto la tessera.

Bella scoperta: chi l’avrebbe mai detto che Venezia non era nelle mani del Partito democratico? Orsoni quattro anni fa si candidò alla guida della coalizione di sinistra contro il candidato di centrodestra e fino a ieri il Pd si faceva vanto di questo riservato amministratore, cattolico e progressista nonostante la bella casa sul Canal grande.Ma ora che il sindaco è finito in manette con l’accusa di aver intascato 560mila euro da un imprenditore per vincere le elezioni passate, il partito prende le distanze.

«Per una corretta informazione a seguito dei recenti fatti accaduti» (così recita il comunicato) la segreteria regionale ci tiene a far sapere all’opinione pubblica che anche Giampietro Marchese, consigliere regionale arrestato durante la retata veneta, non è iscritto al partito. Lo era fino a due anni fa,ma poi guarda caso si è dimenticato di pagare le quote e ritirare la tessera, e dunque il Partito democratico se ne può lavare le mani, dimostrando di averle pulite. Poco importa che Marchese si sia presentato sotto le bandiere democratiche e che sui manifesti della campagna elettorale campeggiasse il simbolo tricolore del Pd, ramoscello d’ulivo compreso: ciò che conta è che da due anni il consigliere non fosse ufficialmente iscritto.

Il gruppo dirigente veneto del partito di Renzi deve essere andato a scuola da Claudio Scajola, il quale quando si scoprì che un imprenditore gli aveva pagato metà della casa di fronte al Colosseo dichiarò che tutto ciò era avvenuto a sua insaputa e che se davvero si fosse accertato che qualcuno gli aveva regalato dei soldi avrebbe preso seri provvedimenti a sua tutela. Ecco, la segreteria del Pd in Veneto reagisce come Scajola: avevano il sindaco di Venezia e anche dei consiglieri regionali ma non lo sapevano.

A dar retta alla magistratura, questi andavano in giro a intascare pacchi di soldi,ma, come assicurano i vertici del partito, lo facevano a loro insaputa. Intendiamoci: niente di nuovo. È dai tempi di Tangentopoli che la sinistra rinnega i propri figli. Il primo fu il compagno G., quello finito recentemente in manette per l’Expo. Girava fra feste dell’Unità e Botteghe Oscure con valigette piene di milioni, trattava come se fosse l’emissario del partito, ma quando è stato arrestato tutti hanno fatto finta di conoscerlo appena.

 Stessa scena accaduta vent’anni dopo, quando la guardia di finanza ha scoperto che Greganti si recava regolarmente a Roma e altrettanto regolarmente accedeva a Palazzo Madama. Da quale senatore andava? Mistero. A quanto pare il compagno G. intascava e entrava al Senato all’insaputa del partito. Del resto questo è il meccanismo che per vent’anni ha consentito alla sinistra di farla franca e di sostenere una superiorità morale che non c’è.

I compagni che sbagliano non c’entrano con il partito, così al massimo finiscono condannati i manovali delle tangenti, non gli architetti. Carlo Nordio, lo stesso magistrato che ha firmato i provvedimenti di custodia cautelare per Orsoni e compagni, negli anni Novanta provò a scoperchiare la cupola delle cooperative e delle Feste dell’Unità, ma dopo mesi e mesi di indagine fu costretto a fermarsi ai pesci piccoli, così quelli grandi continuarono a sguazzare nella laguna e non solo.

Finirà così anche questa volta, cioè con Orsoni buttato a mare e il disconoscimento di tutti quelli che sono rimasti incastrati nella tagliola dei pm? Non sappiamo. Certo, anche questa volta proveranno a proclamarsi vittime dei loro stessi compagni, sostenendo di essere stati traditi e assicurando che, nonostante le accuse verso i singoli, il corpo del partito rimane sano. Anche se una tesi tanto ardita sarà difficile darla a bere agli italiani.

Dalle carte della Procura, a quanto pare, emergono infatti accuse e coinvolgimenti di altri esponenti del partito. Passi per il consigliere regionale che si dimentica di pagare le quote di iscrizione. Passi anche per il sindaco, spacciato per indipendente quando la sua giunta dipende dal Pd, ma del capogruppo del partito che vogliamo fare? Facciamo finta che anche lui fosse capogruppo,ma all’insaputa dei vertici del Pd? È vero che i comunisti sono capaci di tutto, oltre che di mangiare i bambini anche di mentire, ma stavolta le bugie hanno le gambe corte e con l’acqua alta rischiano di affogare.

3. IL PIZZINO CON I SOLDI A ZOGGIA E LIA SARTORI

Marco Lillo per “Il Fatto Quotidiano”

Il foglio che pubblichiamo qui accanto è considerato dai pubblici ministeri veneziani una prova contro l’ex europarlamentare di Forza Italia Lia Sartori, in carica dal 1999 al 2014. Il foglio infatti indica il pagamento al politico del centrodestra di una somma pari a 25 mila euro da parte del Coveco, società cooperativa impegnata nella costruzione del Mose e parte del CVN, il Consorzio Venezia Nuova.

La cosa interessante non è tanto il fatto che una coop rossa finanzi un politico berlusconiano, siamo ormai abituati anche a di peggio e comunque in questo caso era Giovanni Mazzacurati del CVN, secondo i pm, a usare il Coveco come un ufficiale pagatore, ma il fatto che oltre alla Sartori nell’elenco figurano anche due politici del Pd: il consigliere regionale Sergio Reolon, allora in corsa per essere rieletto presidente della Provincia di Belluno.

Accanto al nome di Reolon sono segnati 10 mila euro come ‘ contributo volontario candidato’. Soprattutto nell’elenco spicca un politico di livello nazionale: Davide Zoggia, già presidente della Provincia di Venezia, ma poi nominato nel 2009 (fino all’avvento di Renzi) responsabile enti locali del Pd, infine eletto deputato e divenuto celebre come uno dei fedelissimi di Pierluigi Bersani. Sul foglio sono riportati tre pagamenti nei suoi confronti: “40. 000 euro contributo volontario candidato Zoggia” e poi due fatture da 7. 428, 72 euro ciascuna e pagate a Davide Zoggia che dovrebbero esser e state pagate il 28 luglio 2009.

È stato trovato a casa dei genitori di Elena Scacco, una dipendente del Consorzio Nuova Venezia, che lo aveva scritto su richiesta di Pio Savioli, l’uomo che si occupava dei pagamenti per conto della cooperativa rossa che fa parte del CVN, il Coveco. Secondo le testimonianze raccolte quelle somme provenivano dalle sovrafatturazioni per operazioni inesistenti fatte da Coveco al CVN. I manager avevano dato disposizione che fosse scritto tutto su “carta mangiabile” però gli investigatori l’hanno trovato.

I pm contestano solo i 25 mila euro alla Sartori anche se nell’elenco ci sono versamenti più ampi (ma probabilmente esclusi dagli accertamenti penali perché registrati e legali) come per esempio i 100 mila euro dati alla Fondazione Studium Marcianum creata dall’allora Patriarca di Venezia Angelo Scola. A prescindere dalla loro qualificazione da parte dei pm i versamenti ai politici del Pd sono politicamente sensibili. Reolon al Fatto dice: “Non ricordo quel versamento di 10 mila euro e non mi risulta tra quelli registrati.

Anche i contributi per le provinciali devono essere registrati. Quindi sarà stata un’intenzione del Coveco poi non attuata. Comunque il Mose non c’entra perché non potevo fare nulla per loro. Io ho lavorato alla Lega delle Cooperative e Coveco fa parte della Lega”. Così Zoggia risponde al Fatto: “I contributi delle provinciali non vanno denunciati a differenza di quelli per l’elezioni della Camera. I 40 mila euro mi sono stati dati con delibera del CoVeCo. per la campagna elettorale delle provinciali del 2009. Sono stati registrati ovviamente anche nel conto corrente della campagna.

Quanto alle due fatture io dal giugno 2009 al dicembre 2009 ho continuato a svolgere l’attività di commercialista perché non ero più presidente della Provincia ma solo consigliere provinciale. Divento responsabile enti locali del Pd nel dicembre 2009. La prestazione risale al periodo in cui non ero né presidente della Provincia né responsabile enti locali”.

Non riscontra nessun conflitto di interessi? “No. Mi pare non ci sia nessuna contestazione penale, Co. Ve. Co. non faceva mica solo il Mose”. Se poi gli si chiede qualche dettaglio sulle prestazioni fatte in cambio dei 15 mila euro, Zoggia si innervosisce: “Ritengo di averle dato la risposta. Ho fatto consulenza varia, sono un commercialista: controllo di contabilità, cose varie dal punto di vista fiscale”. Chi le ha dato il mandato? “Non ricordo”.

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