OLTRE A GRILLO E BERLUSCONI, RENZI ROTTAMA

DEFINITIVAMENTE ANCHE LA MINORANZA INTERNA:

BERSANI, D’ALEMA, BINDI NON SI FANNO VEDERE NEANCHE PER I FESTEGGIAMENTI

Bersaniani e dalemiani avevano puntato tutto sul successo di Grillo, ora chi potrà opporsi alle riforme di Renzi in parlamento? Pronto l’allargamento della segreteria Pd alla minoranza “buona” dei giovani turchi. Archiviato anche Letta: ora nessuno ha più dubbi sulla necessità del suo pensionamento…

Monica Guerzoni per "Il Corriere della Sera", 26 MAG 2014 09:37

«Piazze piene, urne vuote...» aveva scherzato Matteo Renzi per esorcizzare il fantasma di Grillo, dopo la sfida tra San Giovanni e piazza del Popolo. Ha avuto ragione lui. Il segretario-premier ha stravinto il «derby» delle Europee, scavalcando anche i sondaggi più ottimistici. È riuscito nell'impresa di «asfaltare» Grillo ed è andato molto oltre il sospirato «voto in più» rispetto alle Politiche 2013 e alle Europee 2009.

Non solo ha doppiato il M5S, ma ha polverizzato il 33,2 di Veltroni nel 2008, che per lungo tempo era sembrato un record inarrivabile. Allora la «vocazione maggioritaria» era un miraggio, adesso sembra quasi a portata di mano. «È un risultato storico» scolpisce il premier su Twitter all'una e mezza di notte, «commosso e determinato».

La scelta di centrare la campagna su se stesso, che aveva fatto storcere il naso alla minoranza, ha pagato. E se anche verrà confermato che le cose al Sud non sono andate affatto bene, il risultato supera le aspettative più ottimistiche. «È la vittoria di Matteo Renzi ed è straordinaria - brinda il vice Lorenzo Guerini - Siamo il primo partito della sinistra europea e l'unico, insieme alla Cdu della Merkel, che cresce governando. Altro che Grillo, il sorpasso lo abbiamo fatto noi. Chi ha insultato ha ricevuto la giusta risposta dagli italiani».

Il problema, semmai, sono i numeri (risicati) dell'alleanza di governo. «Exit Alfano», è la sintesi sarcastica di Pippo Civati: «Con questi dati si torna a votare, nel senso che vinceremmo. Ma sarebbe ora di mollare certi alleati scomodi». Salutare il Ncd? Tornare alle urne? Per Guerini non accadrà nulla di tutto questo: «Siamo il motore del cambiamento, gli italiani ci hanno votato per andare avanti».

Centrato il bersaglio, le polemiche sulla maggioranza e sul profilo del partito, che la sinistra ritiene a trazione troppo renziana, possono attendere. Prova ne sia la presenza al Nazareno di Stefano Fassina, Alfredo D'Attorre, Matteo Orfini, che aspettano notte per festeggiare con Renzi. Maria Elena Boschi è la prima a parlare in tv di «risultato storico», rilanciando l'azione riformista e promettendo «umiltà».

E Debora Serracchiani le fa eco: «Straordinario, sì». Merito del solo Renzi? «L'intero gruppo dirigente si è speso - assicura la vicesegretaria -. Alcuni magari non erano in prima linea, ma è normale... Se le scorse volte eravamo abituati a vedere l'agenda Bindi, l'agenda Bersani e l'agenda D'Alema, questa volta ha prevalso una classe dirigente nuova». È la rottamazione, bellezza.

Il tema «gufi» aleggia nell'aria elettrica e poi euforica del Nazareno: chi ci ha messo la faccia e chi, tra i vecchi «big», si è fatto vedere in campagna elettorale solo in cartolina? Interrogativi che la vittoria sembra aver spazzato via. Civati assicura di essersi «letteralmente massacrato» per racimolare voti ed è felice che il Pd abbia «fatto il botto».

I «tanti dubbi» sulla capacità di mobilitare al Sud restano, ma non è questo il tempo per parlarne. 
Tra i bersaniani il sollievo fa premio sul disagio. Nico Stumpo è contento, anche se non ha apprezzato la «totale anarchia sulle candidature». Per lui il nome di Matteo, che ha corso a velocità folle da una piazza all'altra, da una tv all'altra, non basta a costruire un partito: «Il problema è cosa ne facciamo del Pd».

E adesso l'unica speranza per l'opposizione interna di poter ridimensionare i renziani almeno un po' è che ci sia qualche clamoroso sorpasso ai danni delle capolista. Beppe Fioroni è tra coloro che hanno assistito con preoccupazione alla sovraesposizione mediatica del leader, eppure lo ringrazia:

«Per fortuna che Renzi c'è! Ha fatto argine a Grillo. Ma adesso Matteo sarà il primo a capire che anche un grande capitano, se vuole portarci sempre alla vittoria, ha bisogno del gioco di squadra». La prossima settimana il leader riunirà la direzione. Fra due verrà rinnovata la segreteria e scelto il presidente. E se nella Capitale i «dem» hanno tremato per la crescita di Grillo, era solo un brutto sogno. Per Graziano Delrio bastano tre parole: «Abbiamo seminato speranza».

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