Renzi, le condizioni per andare avanti
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Grillo, europee, legge elettorale, riforme, risposte
a Giavazzi. “Ma non si governa a tutti i costi”. Chiacchierata con Delrio
E le riforme? I rinvii? Il pil? L’Expo? Giavazzi? Le voci incontrollate? Graziano Delrio crede fino a un certo punto alla storia, alla favola, del Movimento 5 stelle pronto a diventare il vincitore, il trionfatore, delle prossime europee. Delrio, con prudenza, conversando con il cronista a margine della presentazione di un libro, dice che al Pd, per considerarsi vincitore, basterà aver ottenuto anche un solo voto in più rispetto ai grillini, perché non c’è nulla di più impopolare che governare e nulla di più popolare che non governare e fare opposizione, e dice che, nonostante il tentativo di alcuni giornali di buttare fango sui partiti e di far credere che tra l’Expo, Scajola e Dell’Utri ci sia un unico filo, un’unica grande coalizione di furfanti, “il governo porterà a casa un buon risultato, prenderà più voti delle politiche, delle ultime europee, non si farà superare da Grillo” e otterrà quello che il sottosegretario dice essere il primo obiettivo: “Alle ultime elezioni Grillo, esclusi i voti degli italiani all’estero, è stato il primo partito. Dobbiamo riconquistare quel gradino del podio e sono convinto che ci riusciremo”. Le parole misurate di Delrio nascondono però la consapevolezza che – per quanto sia vero che il voto del 25 maggio conti fino a un certo punto, “alle europee si vota spesso più con la pancia che con la testa”, e per quanto sia vero che se oggi fossero politiche e non europee forse non ci sarebbe storia tra Grillo e Renzi, “non mi sembra che i grillini abbiano portato a casa un solo risultato in questi quattordici mesi” – la meccanica della campagna elettorale ha trasformato il voto sull’Europa in un voto sul governo. Delrio lo sa, lo riconosce, dice che il 25 maggio sarà inevitabilmente anche un referendum sul governo. Dice che non è vero, come hanno scritto ieri Giavazzi e Alesina sul Corriere, che questo esecutivo vive solo di rinvii, perché ci sono molte cose portate a casa e ce ne saranno altre che arriveranno dopo il voto (“a giugno, la Pubblica amministrazione, la Giustizia, il Senato; più avanti la delega fiscale; a stretto giro il Jobs Act, e la nostra intenzione è quella di andare avanti sul contratto unico a tutele crescenti e sul rafforzamento della contrattazione aziendale, come scritto e come promesso nel nostro Def”). Dice tutto questo ma dice anche che “le proporzioni del 25 maggio serviranno a capire quale sarà la capacità del governo di incidere sulle riforme” e che la caratteristica del governo Leopolda è che si andrà avanti “non a tutti i costi ma soltanto se ci saranno le condizioni. Sennò…”.
Il “sennò” di Delrio – che nella squadra di Renzi è il politico che triangola più di chiunque con Giorgio Napolitano e la cui posizione e le cui parole suonano sempre come una mediazione tra il verbo quirinalizio e quello renziano – coincide con uno scenario che a Palazzo Chigi viene negato ma che in questa conversazione Delrio accetta di considerare: il voto anticipato. “Non si governa a tutti i costi, noi non abbiamo paura delle elezioni, non siamo incollati alla sedia, andremo avanti solo se i gruppi parlamentari non entreranno in modalità ‘catena’ e una cosa mi piacerebbe che fosse chiara. Sono convinto che la legge elettorale verrà approvata presto anche al Senato ma se ci dovessero essere difficoltà e la legge in vigore dovesse essere quella uscita dalla Consulta noi, anche in quella circostanza, non avremo paura di votare: non ci faremo ricattare”.
Delrio, a proposito di legge elettorale, dice anche che alla fine Berlusconi avrà tutto l’interesse a rimanere aggrappato all’Italicum, “perché se Grillo andrà bene e Forza Italia non bene è interesse di Berlusconi non votare con un proporzionale puro e fare di tutto per rimettere insieme le stelle della sua galassia, e non vedo la convenienza di Forza Italia a far saltare il tavolo sapendo che un minuto dopo sarebbe possibile aprire un altro tavolo con i nostri alleati di governo”. Fa questo discorso, Delrio, e poi ritorna al tema del momento che ovviamente riguarda il 5 stelle. Molto, dice, si deciderà nelle prossime ore ma su un dato occorre riflettere per non commettere gli errori del passato. Chiediamo a Delrio: quanta responsabilità ha il centrosinistra nella crescita del grillismo? Il sottosegretario ammette che negli ultimi anni, purtroppo, “il Pd ha delle colpe anche gravi nel non essere riuscito a presentarsi come l’alternativa unica ai vecchi sistemi di governo” e che per questo la sfida di oggi è quella di rosicchiare il consenso dei grillini attraverso il buon governo.
Delrio, al contrario di Renzi, non pensa che per il Pd sarà facile arrivare un giorno al 40 per cento – “Matteo è ottimista e io disgraziatamente sono più anziano e non sempre riesco a essere del tutto ottimista…” – ma dice che per il Pd sarà sufficiente arrivare una spanna avanti per governare bene. Giustizia e Pubblica amministrazione a giugno. Poi delega fiscale, “prima dell’estate”. Poi Senato. Poi legge elettorale. La strada è complicata. Ma una certezza c’è: “Le europee avranno un riflesso sul governo ma questo governo è nato per fare le riforme se qualcuno proverà a rendercelo impossibile noi, in qualsiasi momento, potremo trarne le conseguenze”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO di Claudio Cerasa – @claudiocerasa, 20 maggio 2014 - ore 06:59