Modi vince in India, ora Delhi vuole tornare
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a crescere a doppia cifra
Il Bjp ottiene una maggioranza enorme al Parlamento indiano, schianta l’eredità dei Gandhi e il partito del Congresso
Quando si è saputo che alle elezioni in India l’affluenza era stata la più alta di sempre, più alta ancora di quel 1984 in cui tutti andarono alle urne a votare Rajiv Gandhi dopo che due guardie del corpo avevano ucciso la madre Indira, tutti hanno pensato: Modi ha stravinto. Narendra Modi, 63 anni, ex governatore dello stato del Gujarat, candidato del Bharatiya Janata Party, il partito dell’opposizione nazionalista indù, sarà il prossimo premier indiano – e sarà il più potente nella storia recente dell’India. I risultati delle elezioni, durate più di un mese, sono stati resi pubblici ieri, e le percentuali di voto non spiegano la portata della vittoria del Bjp. Secondo i dati della commissione elettorale indiana, non definitivi ma assestati, il Bjp ha ottenuto il 32 per cento dei voti, il Partito del Congresso della dinastia Gandhi il 20. Ma nei seggi al Parlamento indiano, che si ottengono grazie al voto negli stati, Modi ha dominato. Secondo Ndtv, il Bjp dovrebbe ottenere 278 seggi in Parlamento, abbastanza da superare da solo la quota necessaria per la formazione di un esecutivo, 272, e non avrà bisogno di affidarsi alle alleanze fragili con i leader dei partiti locali per governare. E’ dal 1989, dai tempi di Rajiv Gandhi, appunto, che l’India era governata da coalizioni frammentarie, con poco spazio di manovra. Modi sarà il primo in 35 anni a poter governare da solo. Il Partito del Congresso dai 206 seggi che aveva nella scorsa legislatura passerà a una cinquantina, la più grande sconfitta della sua storia.
Il tweet con cui ieri Modi ha annunciato la vittoria è stato il più rituittato della storia indiana: “India has won”, ha scritto, “I giorni felici sono tornati”. Qualche ora dopo a Vadodara, la città del Gujarat dove era candidato (lo era anche a Varanasi, nell’Uttar Pradesh), Modi si è presentato con le mani giunte e il vestito tradizionale indiano. La folla era così tanta che è stato costretto a fermarsi infinite volte, prima in macchina e poi a piedi, prima di arrivare sul palco – affollatissimo anche quello. “Ora non è tempo di morire per la nazione”, ha detto, “è tempo di vivere per la nazione”.
Lo scorso settembre, quando è iniziata la campagna elettorale, nessuno avrebbe predetto la maggioranza assoluta per Modi e la disfatta per il Congresso. Il merito va a Modi, certo, ma molti osservatori guardano al candidato del Congresso, l’ultimo rampollo della dinastia Nehru-Gandhi, Rahul, il figlio di Rajiv. Rahul in questi mesi è stato un “principe riluttante”, distaccato, distratto, che vive il fatto di appartenere alla più longeva dinastia politica del mondo come un peso. Mentre sua madre Sonia Gandhi ha trascorso gli ultimi anni a preparargli il campo, anche a costo di danneggiare il governo di Manmohan Singh (del governo ombra di Sonia parla un libro uscito un mese fa, che ha fatto molto scandalo), Rahul andava dichiarando (poi si rimangiò tutto) che avrebbe usato la sua posizione per porre fine al dominio della dinastia Gandhi. Il disastro delle elezioni (lui stesso ha ottenuto il seggio per un pelo) gli dà ragione, anche se ieri davanti alla sede del Partito a Delhi i manifestanti urlavano il nome di sua sorella Priyanka. Lo facevano per umiliare Rahul, ma anche perché Priyanka, molto attiva negli ultimi mesi, è una politica molto più carismatica del fratello.
Le accuse di settarismo contro i musulmani Narendra Modi sarà il primo premier indiano nato dopo l’indipendenza, così come lo è la stragrande maggioranza dei suoi elettori, giovanissimi, che l’ultima volta che un Gandhi (Rajiv, ancora) è stato primo ministro non erano ancora nati. Sarà anche il premier più potente degli ultimi decenni, per la maggioranza parlamentare (questo benché la Camera alta, organo con scarsi poteri, sia ancora in mano ai suoi oppositori), ma soprattutto perché gli elettori hanno espresso la volontà di un governo forte, che applichi il “modello Gujarat”, dove ancora l’economia cresce a due cifre e il governo ha sgombrato il campo agli investimenti stranieri, a tutto il paese. Ieri la Borsa indiana ha avuto un rialzo grandioso (li ha da due mesi, da quando i mercati danno la vittoria di Modi per certa) e gli elettori sperano che il nuovo premier ridia loro quel sogno di crescita a ritmi cinesi che il Congresso ha congelato. La voglia di un’economia forte ha fatto mettere da parte anche la paura per il settarismo anti musulmano del premier, sostenuto dai nazionalisti indù. A suo carico ci sono dei precedenti terribili e sempre negati, ma nell’India che vuole tornare forte Modi ha vinto anche nelle regioni a maggioranza musulmana. “Narendra Modi sarà premier per i prossimi 5 anni? Assolutamente no”, ha scritto su Twitter Atanu Dey, economista di Mumbai. “Sarà premier per i prossimi 15, abituatevi”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO, 16 maggio 2014 - ore 21:30