Boom? Il piano del Cav. e Renzi per neutralizzare
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Grillo dopo le europee. La droga del proporzionale,
i numeri delle due coalizioni, il caso Grasso e il criterio per capire la durata della legislatura
“Senti, io questo boom voglio proprio vederlo”. Paolo Gentiloni è una vecchia volpe del Partito democratico e come tutti ha letto con attenzione i sondaggi che in questi giorni riempiono allegramente le pagine dei giornali e che descrivono una situazione politica in cui il campo paese sembra essere ormai diviso inesorabilmente fra due parti praticamente uguali (da una parte Matteo Renzi e dall’altra Beppe Grillo) e in cui la narrazione mainstream sembra aver imposto un tipo di concetto preciso: il Movimento 5 stelle, stando ai sondaggi, rischia di essere il vincitore morale delle prossime europee. E’ davvero così? I sondaggi, si sa, contano quello che contano. Le europee, si sa, contano quello che contano. Le previsioni, si sa, contano quello che contano. Ma per quanto le rilevazioni demoscopiche possano sbagliare occorre essere attenti, non farsi abbagliare dalla propaganda e osservare i numeri per quello che valgono. E i numeri, a oggi, dicono che per quanti voti potrà ottenere il comico genovese e per quanto potrà pesare lo scandalino Expo il risultato sarà sempre lo stesso e corrisponderà alla parola “tre”. Nel senso di terzo. Certo: lo schema proporzionale che regola il sistema elettorale delle importantissimi e fondamentalissime (siamo ironici) elezioni europee avrà l’effetto di distorcere la percezione degli attuali equilibri del nostro paese e con ogni probabilità lascerà soli ai primi due posti di comando il Partito democratico e il Movimento 5 stelle. Ma se è vero che il termometro delle europee aiuterà i partiti a misurare la stabilità del governo e le possibilità che questo esecutivo vada avanti a lungo nel corso di questa legislatura è altrettanto vero che le percentuali che verranno incassate dai singoli partiti non possono essere prese singolarmente ma vanno inquadrate all’interno di una logica diversa. Dove a contare sono, più che i partiti, le galassie di riferimento. “Vorrei far notare – dice Gentiloni, accompagnandoci nel ragionamento – che mettendo insieme l’universo del centrodestra e quello del centrosinistra emerge da ogni sondaggio un dato chiaro. Primo: il Pd è l’unico partito che sta guadagnando qualcosa rispetto alle ultime elezioni e il Movimento 5 stelle mi sembra non sia nelle condizioni di poter ottenere invece un risultato come quello incassato il 25 febbraio dello scorso anno. Secondo: Forza Italia non è il Pdl, come qualcuno fa finta di dimenticare, e il centrodestra nel suo insieme è stabile rispetto allo scorso anno. E mettendo insieme tutto, ma proprio tutto, Lega, FI, Ncd, Udc e Fratelli d’Italia (scenario di cui parla apertamente il coordinatore di Forza Italia Giovanni Toti in un’intervista rilasciata a Sette, ndr), la distanza tra centrodestra e centrosinistra, dove per centrosinistra intendo anche Scelta civica senza considerare i compañeros di Tsipras, non è così clamorosa. Quattro punti, qualcosa del genere. E se i risultati dovessero essere davvero questi, ciò che accadrà sarà alquanto naturale”. Il ragionamento è semplice e potremmo articolarlo seguendo due direttrici. La prima direttrice ci dice che in virtù del risultato delle europee i partiti legati al mondo del centrosinistra e soprattutto del centrodestra avranno un interesse maggiore ad approvare una legge elettorale come l’Italicum che premia le coalizioni per una ragione evidente: evitare che le successive politiche possano essere drogate da quello stupefacente proporzionalista che oggettivamente premia il partito di Grillo (e, vista dal punto di vista berlusconiano, anche il partito di Renzi). La seconda direttrice indica invece un percorso legato alla durata della legislatura ed è un criterio, quello che viene suggerito nel Pd, che sarà utile tenere in considerazione per capire in che misura il voto del 25 maggio avrà un’influenza sul timing delle prossime politiche. Nel Pd la chiamano la teoria della pistola carica e della pistola scarica. Il senso è questo: la durata della legislatura è direttamente proporzionale al risultato del Pd. Ovvero: meno voti prenderà il partito del presidente del Consiglio meno facile sarà per il premier combattere le resistenze delle burocrazie (ieri sonoramente difese dal presidente del Senato Pietro Grasso che ha bastonato il premier per le critiche rivolte ai tecnici di Palazzo Madama che avevano smontato il decreto Irpef) e meno facile sarà imporre alla maggioranza di governo il ritmo da lui desiderato utilizzando l’arma di fine mondo delle elezioni anticipate. Viceversa, invece, più voti prenderà il Pd alle europee e più sarà carica la pistola che Renzi potrà puntare sulla testa degli alleati utilizzando la stessa minaccia adottata negli ultimi mesi e che alcuni risultati li ha portati: o fate come vi dico io oppure vi porto alle elezioni anche senza l’Italicum. “E vi assicuro – dice ancora Gentiloni – che per come è fatto Matteo se dovesse decidere di andare alle elezioni non avrebbe problemi a votare anche con la legge elettorale ultra proporzionale disegnata dalla Consulta”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO di Claudio Cerasa – @claudiocerasa, 10.5.2014