Non chiamatela libertà d’opinione Eich, Hirsi Ali

e la disonestà di un’ideologia travestita da pluralismo

In una società seriamente impegnata nella difesa del pluralismo si può perfino arrivare a rispettare le aziende che cacciano un amministratore delegato fresco di nomina reo di avere in testa opinioni difformi rispetto al consenso prevalente in fatto di sessualità e famiglia, oppure si può difendere l’università che ritira la laurea honoris causa a un’attivista, scrittrice e musa liberale che si rifiuta di sguazzare nello stagno del politicamente corretto quando si parla dell’islam e delle sue derive fanatiche. Quel che invece non si può rispettare, poiché radicalmente disonesto, è che certe opinioni vengano castigate nel nome della libertà d’opinione e del pluralismo delle differenze. Vogliamo difendere la libertà di Mozilla di cacciare Brendan Eich perché ha idee lontane dal coro conformista della Silicon Valley? D’accordo, ma non diciamo poi che “la cultura dell’organizzazione riflette la diversità e l’inclusività”, come ha fatto Mozilla nel suo comunicato; non usiamo la foglia di fico del pluralismo per coprire malamente un’agenda politica e culturale che avanza con fervore militante. Che poi è la stessa agenda che ha fatto saltare il riconoscimento di Ayaan Hirsi Ali all’università ultra liberal Brandeis. La parola “islam” non compare nemmeno nella nota con cui questa istituzione “definita dalla libera espressione in tutta la sua storia” ha liquidato la controversia. Ross Douthat, columnist conservatore del New York Times, ha esplorato con intelligenza questa “auto-illusione” dell’ideologia liberal che spaccia il suo programma per perfetta neutralità o pluralismo universale. Douthat aveva già spiegato il meccanismo dell’ipocrisia attraverso l’articolo di una studentessa di Harvard di nome Sandra Y. L. Korn, che suggeriva alla sua università, e in generale all’accademia, di piantarla con la difesa formale della libertà di pensiero e stabilire quali idee si possono legittimamente esprimere e quali vanno bandite a priori. Korn semplicemente suggerisce di dichiarare esplicitamente ciò che i centri di potere e le fucine intellettuali dell’élite americana praticano in modo sistematico, verniciando però la propria ideologia con l’infingardo argomento del pluralismo e dell’universale diritto di opinione.

FQ15 aprile 2014 - ore 06:59. 

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