Le minori tasse che verranno. Def giustamente prudente,
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poi tagli d’imposte e trattative con l’Ue
Il Def è un documento importante per la finanza pubblica, e per il governo Renzi quello che sta per presentare rappresenta la prima formalizzazione della sua politica economica. Da quanto emerso finora, nel Def di oggi dovrebbe essere accantonata la linea dell’elemosina in Europa per una deroga al tetto del 3 per cento al deficit in modo da finanziare le riduzioni fiscali preventivate. Posticipando dunque alcuni sgravi fiscali ambiziosi, si manterrà alta la pressione per la revisione della spesa. Il deficit sul pil, nel 2013, è al 2,8 per cento, solo lo 0,1 in meno sul 2012, mentre quest’anno dovrebbe essere possibile una riduzione di 0,2-0,4 punti per rassicurare i mercati che vedono il nostro rapporto debito/pil salire sopra il 130 per cento. Un fardello che il governo eredita per l’incrocio di tre fattori: la crescita negativa del pil del 2012 e del 2013 dovuta a un eccesso di aumenti fiscali rispetto al taglio delle spese, il rimborso dei debiti della Pa senza la contropartita di privatizzazioni e di altri meccanismi finanziari che ne attenuassero l’effetto sul volume del debito e i contributi ai Fondi europei di stabilizzazione che non sono stati scorporati dal rapporto debito/pil. Solo a seguito di sostanziali miglioramenti nel taglio della spesa e di una ripresa della crescita, come dice il viceministro all’Economia Morando, e come sostengono più coraggiosamente Alesina e Giavazzi, sarà possibile chiedere in sede europea una deroga temporanea alla riduzione del debito per attuare un taglio choc di imposte. Ma già ora, se qualche coraggioso taglio di spesa si farà per finanziari pari sgravi fiscali, si potrà esercitare autorevolmente a Bruxelles una pressione per una politica della Bce basata su ulteriori misure non convenzionali pro imprese.
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