La fronda tra i parrucconi. Mail inedite svelano
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la svolta autoritaria di Zagrebelsky&Co.
Prof., lei è un tiranno! I circoli di Libertà e Giustizia contro l’appello sul Senato
Qualcuno lo ha fatto per criticare il metodo. Qualcuno lo ha fatto per criticare il contenuto. Qualcuno lo ha fatto per segnalare la contraddizione. Qualcuno lo ha fatto per dissociarsi. Qualcuno lo ha fatto per evidenziare la deriva. Qualcun altro lo ha fatto per denunciare le modalità. Il senso però è più o meno lo stesso per tutti e potremmo sintetizzarlo così: professor Zagrebelsky, lei è un tiranno! La storia è questa. Riguarda quella formidabile fabbrica di appelli che si ritrova sotto le insegne del movimento Libertà e Giustizia. Riguarda l’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky. Ed è una storia che più in generale riguarda il documento partorito lo scorso 27 marzo con cui un robusto fronte di intellettuali – da Stefano Rodotà a Nadia Urbinati, da Salvatore Settis a Roberta De Monticelli, da Barbara Spinelli a Dario Fo fino alle più recenti adesioni di intellettuali come Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio – ha denunciato il tentativo di Matteo Renzi di portare, con le sue riforme costituzionali, il paese verso una odiosa, insostenibile e insopportabile svolta autoritaria. “Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, per creare un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali”. Si dirà, e dov’è la notizia? La notizia è che, nelle ore successive alla pubblicazione dell’appello contro la svolta autoritaria di Renzi, è partita una gustosa corrispondenza via e-mail tra alcuni coordinatori dei circoli di Libertà e Giustizia per censurare, udite udite, la svolta autoritaria dei capi del movimento. E in particolare del numero uno del partito dei parrucconi. In due parole: Gustavo Zagrebelsky. Un iscritto a Libertà e Giustizia di Roma ha mostrato al Foglio i carteggi e quelli che vi riportiamo di seguito sono i riassunti di alcune conversazioni. Tutto comincia alle 10.49 del 30 marzo. Massimo Marnetto, coordinatore LeG di Roma, scrive ai coordinatori di alcuni circoli per capire come integrare l’appello con alcune proposte concrete per riformare il Senato (e per evitare di far la figura di quelli che vogliono dire solo no, no e no). L’email fa saltare un tappo e si scatena una piccola rivolta guidata dalla coordinatrice del circolo LeG della Bassa Val di Cecina, Annalena Mazzi, che il primo aprile si sfoga con alcuni colleghi di altri circoli, denunciando le sue perplessità per l’appello, confessando di non aver avuto ancora il coraggio di sottoscrivere quel documento troppo precipitoso e denunciando il movimento per scarsa democrazia interna (per non aver sottoposto preventivamente l’appello anti riforme renziane all’attenzione dei circoli). Loro, i sacerdoti della democrazia, i ragazzi di Libertà e Giustizia, che accusano il gran fustigatore dei tiranni, il custode della morale, di essere a sua volta un piccolo tiranno. Andiamo avanti. La corrispondenza si fa ancora più fitta e poco dopo arriva una replica pesante. E’ quella di Matteo Del Santo, coordinatore del circolo di Pisa, convinto che l’appello così formulato, senza controproposte, sia un autogol e faccia apparire l’associazione come troppo conservatrice (Del Santo nota anche che nel testo dell’appello compare quattro volte Berlusconi, e suggerisce ai colleghi di superare questa ossessione). Le email continuano a girare, alcuni responsabili dei circoli fanno notare che il testo “contro la svolta autoritaria” ha allontanato diversi iscritti, ha portato alle dimissioni di associati, e dopo una nuova fitta corrispondenza arriva la risposta del coordinatore di Roma, nonché portavoce dei circoli, che denuncia un problema di democrazia interna e critica anche lui i coordinatori del movimento per non aver coinvolto i circoli nella stesura dell’appello. Coordinatori del movimento che, nel caso specifico, rispondono al nome della presidente Sandra Bonsanti e del presidente onorario Zagrebelsky. Loro, i sacerdoti della morale, i termometri della democrazia, accusati dai loro soci di essere diventati, in piena sindrome di Stoccolma, protagonisti di una svolta autoritaria. Giacobini contro giacobini. La materia per scrivere un nuovo appello in teoria ci sarebbe tutta. Titolo: contro la svolta autoritaria del professor Zagrebelsky.
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di Claudio Cerasa – @claudiocerasa, 8 aprile 2014 - ore 06:59