Il golpe del Senato, la provocazione di Formica,
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la riluttanza di Napolitano. Rino Formica è importante.
Non perché è stato un capo socialista e della sinistra. Non perché è stato il braccio destro di Craxi per anni gloriosi (quello maldestro era Martelli). Non perché è un uomo pieno di risorse di libertà, a partire dal linguaggio disinvolto, fantasioso, pazzo. Non perché è tanto inviso all’establishment da essersi guadagnato dal grande snob Andreatta l’epiteto di “trafelato commercialista di Bari”. Non perché è vecchio in modo quasi sublime, e sa che cosa fare della sua immensa vecchiaia. Formica è importante per una curiosità costituzionalistica di primo rilievo. Che ha imposto all’attenzione generale con le sue letterine al Foglio. E che consiste in quanto segue (argomentazione mia, sostanza di Formica).
Dicono che si può con mezzi ordinari, la procedura di revisione costituzionale ex articolo 138 (maggioranza qualificata dei due terzi, doppia lettura), cambiare la forma dello stato, mutando funzioni e identità stessa di una delle due Camere elettive, il Senato. Lui dice l’opposto. Non si può. Non si deve. E’ un attentato ai principi democratici su cui si regge la Repubblica e alla sovranità popolare. Si può dare un mandato a un potere costituente, afferma Formica, diverso da una legislatura ordinaria, per di più eletta con una legge elettorale maggioritaria e bloccata detta Porcellum, che la Corte costituzionale ha abrogato come contraria alla Carta fondamentale dei nostri doveri e diritti. Solo così si possono introdurre mutamenti di quello spessore e di quella qualità. Il capo dello stato, secondo lui, dovrebbe fermare questo processo, mettere in guardia politici e istituzioni da un passo falso e grave, che potrebbe anche portare alla non promulgazione, prevista, di una legge di revisione costituzionale o alla sua successiva abrogazione da parte della Corte.
Sembra una questione di famosa lana caprina. Ma non lo è. Siamo abituati all’idea tutta politica che il bicameralismo va modificato, che fa perdere tempo, che i parlamentari eletti sono troppi, che si può manomettere il sistema della doppia fiducia delle Camere al governo, e che il Senato si può anche rimpannucciare con gente che viene dal mondo della cultura, cioè la prevedibile orda di stronzi vanitosi che sarebbero nominati insieme a rappresentanti del corrotto potere regionale al posto degli attuali senatori eletti dal popolo, secondo l’idea peregrina del giornale della Confindustria che ha proposto questa Camera dei fasci e delle culture e delle mezze calze. In fondo su iniziativa del centrodestra una riforma simile del Senato, cultura a parte, già fu varata pochi anni fa, e fu poi respinta nel 2006 da un referendum abrogativo in nome di una malintesa idea dell’unità nazionale violata, che fu coltivata dal gentiluomo Ciampi e dalla sinistra pigra. Ma qui casca l’asino. La riforma attualmente in gestazione non prevede più, salto non solo logico, alcun referendum confermativo.
Ecco. Formica parla così perché pensa e afferma che è al governo una specie di P2 allargata, frutto di un accordo Bierre, Berlusconi e Renzi, stipulato dal fiorentino Verdini e dal fiorentino Renzi, che ad Arezzo patria di Gelli ebbe il 99 per cento dei voti alle primarie. E’ una follia, a mio giudizio, di quelle follie creative e scombiccherate a cui Formica il sospettoso, il diffidente, il complottista, ci ha abituato da tempo immemorabile. Ma questa follia politica non conta, conta il ragionamento, che è sempre figlio del paradosso.
Riflettiamo. Se possono cambiare il Senato, renderlo non elettivo o togliergli il potere della fiducia al governo, allora possono fare la stessa cosa per la Camera. Non ci piove. La rappresentatività sarebbe assicurata da un’elezione di secondo grado, la nomina da parte dei consigli regionali eletti, in tutti e due i casi. E il governo tornerebbe ad essere quello spesso auspicato da conservatori e democratici, che hanno sempre detto, per delegittimare i partiti: il governo è un governo del presidente della Repubblica, entra in funzione sulla base della sua nomina, i ministri sono decisi da lui su proposta del presidente incaricato, e subito dopo il giuramento il governo è in pieno possesso delle sue funzioni, salvo il successivo voto di fiducia delle Camere che deve solo ratificare il processo di formazione dell’esecutivo affidato al custode dell’unità nazionale e della Costituzione. Il governo, appunto, del presidente, che non dipende dai partiti e dal loro consenso. Vecchio mito autoritario, ma da sempre avallato, per esempio dal Fondatore di un noto giornale parademocrartico.
E allora? E’ semplice. Cambiare il Senato vuol dire cambiare l’equilibrio dei poteri deciso dai padri costituenti, e vuol dire intervenire su ciò che è regolato dall’articolo 139 della Costituzione, il quale afferma che la forma repubblicana è intangibile, non può essere cambiata con le regole di questa Carta. Il metodo scelto per fare in fretta e mettere le decisioni dei due terzi del Parlamento al riparo da sorprese, il metodo Verdini-Renzi per dirla con Formica, non funziona, tanto è vero che se fosse applicato alle due Camere, come può tranquillamente avvenire in linea di principio, produrrebbe una Repubblica senza Parlamento eletto direttamente dal popolo, e la produrrebbe legalmente, sebbene con un risultato democraticamente non legittimo. L’articolo 138 si rivela come l’ultimo rifugio delle canaglie, ohibò. Ci siamo. Se volete cambiare la Costituzione e la forma dello stato potete farlo, ma non è una zingarata, dovete farlo con le buone maniere della democrazia, affidando il cambiamento, che coinvolge l’articolo 3 sulla sovanità popolare che appartiene al popolo, a un’Assemblea costituente eletta con metodo proporzionale.
In termini spicciativi di buona politica, Formica ha torto, secondo me. Bisogna procedere alla riforma. Ma in termini di ortodossia e di prassi democratica, ha perfettamente ragione. Bisogna fermare questo golpe. Ne nasce quella che in filosofia si chiama un’aporia, una situazione indecidibile. E spetta a Napolitano, non dopo ma prima, dire la sua opinione. Lui rilutta, ma può riluttare?
© - FOGLIO QUOTIDIANO Giuliano Ferrara, 9.3.014