Negoziati disperati L’America prepara le sanzioni,
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ma poi come farà con tutti i dossier su cui lavorava con la Russia?
La situazione di quasi guerra in Crimea tra Ucraina e Russia e i negoziati in corso con un gruppo ampio di interlocutori – i principali sono Stati Uniti e Germania – potrebbero avere conseguenze disastrose anche in altre aree. La Russia è un mediatore indispensabile nell’accordo a tre raggiunto a settembre 2013 tra la Siria del presidente Bashar el Assad e l’Amministrazione Obama. L’accordo è già pericolante, perché Assad ha lasciato passare le scadenze e non ha consegnato più del 20 per cento dell’arsenale che va distrutto – secondo l’Opcw, l’organizzazione internazionale che sorveglia tutto il processo. Se ora Mosca e Washington sono impegnate in una contrapposizione frontale, cosa succederà all’accordo? Assad ha già mostrato pochissima volontà di rispettare il patto, secondo osservatori citati da Reuters e dal New York Times.
La situazione di quasi guerra in Crimea tra Ucraina e Russia potrebbe avere conseguenze disastrose anche in altre aree. La Russia è stata un mediatore indispensabile nell’accordo a tre raggiunto a settembre 2013 tra la Siria del presidente Bashar el Assad e l’Amministrazione Obama, e ora fa da garante. L’accordo però è già pericolante, perché Assad ha ignorato le scadenze e non ha consegnato più del 20 per cento dell’arsenale chimico che in teoria dovrebbe essere già in corso di distruzione – lo dicono i dati dell’Opcw, l’organizzazione internazionale che sorveglia tutto il processo. Se ora Mosca e Washington si incagliano in una contrapposizione frontale, cosa sarà di quell’accordo? Assad ha già mostrato pochissima volontà di rispettare il patto anche quando era sorvegliato strettamente, secondo osservatori internazionali citati da Reuters e dal New York Times. Figurarsi ora che l’attenzione è da un’altra parte e che le altre due parti dell’accordo stanno litigando.
A giugno scade anche il patto provvisorio sul programma nucleare iraniano e si apre – in teoria – la fase dei negoziati definitivi. Anche in questo caso il ruolo della Russia è importante, anche se forse meno essenziale che in Siria. Come sarà possibile far sedere di nuovo attorno a un tavolo l’Iran e il cosiddetto gruppo dei 5+1, se nel frattempo quattro membri del gruppo – Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia – sono schierati per un’altra questione contro il quinto – la Russia?
Ieri il presidente americano Barack Obama ha parlato per la seconda volta della crisi, di nuovo con parole impegnative: ha detto che la Russia ha violato le leggi internazionali occupando la Crimea e che ora è “dal lato sbagliato della storia”. Il dipartimento di stato americano ha annunciato la preparazione di sanzioni contro la Russia, ma non la loro imposizione e oggi il segretario di stato, John Kerry, è a Kiev per manifestare con la sua presenza il sostegno americano al neogoverno ucraino. Con buona pace dei complottisti che sostengono un ruolo americano nel “golpe in Ucraina” – come lo definiscono – l’Amministrazione ha l’aria di essersi trovata del tutto impreparata davanti a questa crisi. Il Washington Post ieri ha pubblicato un editoriale feroce sulla politica estera di Obama, che ha il problema di essere “basata sulla fantasia” e “su come lui pensa che il mondo dovrebbe funzionare piuttosto che sulla realtà”. Il New York Times domenica si chiedeva come, esattamente, il presidente Obama avrebbe fatto pagare il prezzo promesso sabato ai russi per l’invasione in Crimea. Il Daily Beast giovedì ha pubblicato un pezzo di Eli Lake che riferiva l’opinione dei servizi segreti americani: Mosca non ha intenzione di intervenire militarmente in Ucraina, che è stato smentito dai fatti già la mattina dopo. Gli Stati Uniti hanno peggiorato le crisi in Siria e in Ucraina perché non si sono preparati – come nota di nuovo con ferocia un altro pezzo del Washington Post. “Perché l’Amministrazione Obama non ha visto quello che stava per accadere e che era prevedibile?”.
Come nelle crisi in Siria e in Iran, anche in quella ucraina gli interlocutori internazionali hanno posizioni diverse. L’Europa occidentale è a priori contro le sanzioni, l’America le “prepara” – il che equivale a una blanda minaccia in stadio non ancora avanzato – e i paesi dell’est europeo – Polonia, Lettonia, Lituania, Romania, più la Svezia – invece vorrebbero imporre sanzioni, a dispetto del fatto che la loro dipendenza dal gas russo è molto più forte di quella del resto d’Europa. Forse perché si sentono più esposti all’influenza di Putin.
FQ. di Daniele Raineri – @DanieleRaineri, 3 marzo 2014 - ore 21:30