Silenzio dal Cremlino. Lenta balcanizzazione

o invasione? Putin gioca con la guerra in Crimea

Forze non identificate occupano due aeroporti, manovre militari russe. Torna Yanukovich: “Sono ancora presidente”

Dopo essere stato segnalato dovunque dall’Indonesia alla Crimea, Viktor Yanukovich ieri è apparso a Rostov sul Don, nel sud della Russia, per dichiararsi al mondo come il presidente in carica dell’Ucraina, pronto a tornare a Kiev appena avrà sufficienti “garanzie di sicurezza”. Che il nuovo governo non ha nessuna intenzione di fornirgli: ieri la magistratura ucraina, che già ha spiccato contro l’ex presidente un mandato di cattura internazionale per strage, ha chiesto alla Russia di estradarlo. Senza ottenere risposta. La diplomazia russa rifiuta di riconoscere il nuovo esecutivo di Arseniy Yatsenyuk e il presidente ad interim Aleksandr Turchinov: alle note del ministero degli Esteri di Kiev con richiesta urgente di consultazioni per le vicende in Crimea Mosca ha replicato con un secco “niet”, in quanto si tratta di “problemi di politica interna” del paese vicino.

Per il ministro dell’Interno ucraino Arsen Avakov, invece, in Crimea è in corso una “occupazione militare” da parte della Russia. Dopo il blitz di giovedì al Parlamento della penisola, che dopo essere stato occupato da uomini armati ha prontamente indetto per il 25 maggio un referendum sul futuro dell’autonomia e insediato un nuovo governo guidato dal capo della comunità russofona, ieri decine di militari armati e senza distintivi di identificazione hanno circondato gli aeroporti di Belbek e Sinferopoli. All’interno gli scali continuano a essere controllati dalla sicurezza ucraina che però, confessa Avakov, “non potranno opporsi all’uso della forza militare”. Uomini armati continuano a tenere nel mirino anche un reparto della guardia costiera ucraina. Fonti di Mosca parlano di una mobilitazione spontanea delle “milizie di autodifesa”, ma testimoni locali sostengono che gli uomini armati sono i militari della flotta russa del mar Nero di stanza in Crimea, insieme agli agenti dei Berkut, la polizia speciale di Yanukovich appena disciolta dal nuovo governo. E ieri sera il ministero degli Esteri russo ha dichiarato di aver aperto una procedura “semplificata” per fornire ai Berkut della Crimea passaporti russi.

Fino a ieri mattina poteva sembrare che, lanciato il referendum per la secessione, Mosca potesse fermarsi e osservare come una Crimea diventata novello Kosovo fa vacillare il già fragile e diviso nuovo potere del Maidan. Ma pare che i falchi del Cremlino non vogliano aspettare una “balcanizzazione” lenta e continuino a creare pretesti per uno scontro: a questo punto una pallottola contro un Berkut che fa irruzione in una base ucraina diventa infatti un atto di aggressione contro la Russia. Mentre il governo russo promette alla Crimea gli aiuti economici tolti a Kiev, alle provocazioni militari si sommano quelle più di spettacolo: i biker “Lupi notturni”, con i quali Vladimir Putin fa ogni tanto un giretto su una Harley Davidson, hanno in programma per oggi un tour della penisola. Tutto il sistema militare, politico e mediatico del Cremlino è all’opera per la Crimea, ma il suo creatore e leader continua a mantenere un silenzio che perfino Yanukovich ha trovato strano:” Conoscendo il carattere di Vladimir Vladimirovich mi chiedo perché tace”, si è domandato ieri in una conferenza stampa con misure di sicurezza eccezionali. L’ex presidente non ha ancora incontrato Putin e si dichiara contrario a un intervento militare, invocando nello stesso tempo un attivismo russo per fermare i “banditi profascisti” che hanno “usurpato” il suo potere.

Lo spazio per un compromesso diventa sempre più ristretto e il nuovo potere di Kiev, nonostante l’appoggio delle diplomazie occidentali, per ora resta per lo più a osservare l’avanzata russa in Crimea. Il governo ha ventilato un’ipotesi di stato d’emergenza in Crimea – che però andrebbe non solo dichiarato ma anche messo in pratica sul terreno, con rischio di scontro diretto con i russi – e ha chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove però la Russia dispone del diritto di veto. Mentre qualcuno medita scenari estremi: il leader del partito nazionalista Svoboda Oleg Tyahnybok, uno dei capi del Maidan, non ha escluso che l’Ucraina possa voler ritornare una potenza nucleare. Nel 1994 Kiev rinunciò alle testate nucleari ereditate dall’Urss in cambio di garanzie della propria incolumità da parte di Washington e Mosca. Ma se quest’ultima le viola, secondo Tyahnybok, “basterebbero 3-6 mesi” per dotarsi di un arsenale nucleare. Sempre che le casse vuote di uno stato prossimo alla bancarotta possano sostenere la spesa per la bomba atomica.

di Anna Zafesova, Il Foglio, 28 febbraio 2014 - 

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata