Da dove si parte per crescere. L’Italia non è un
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paese per produttori, ecco la sfida per Padoan e Renzi
Perché una pizzeria abbia successo, non basta un abile pizzaiolo e buoni ingredienti: conta anche la qualità del forno, il servizio, la confortevolezza del locale. Insomma, le condizioni di sistema. C’è in economia un concetto cruciale e spesso trascurato: la produttività totale dei fattori (Tfp in gergo tecnico), la variabile del sistema-paese non riconducibile alla produttività del lavoro o alla quantità di capitale investito. La Tfp è il rendimento della burocrazia o del sistema scolastico, è il funzionamento dei tribunali e il grado di tutela dei diritti di proprietà, il tasso di concorrenza e di innovazione tecnologica, è la stabilità delle norme e delle politiche. Che il problema di “Pizzeria Italia” sia la Tfp, lo segnalava Pier Carlo Padoan al Foglio lo scorso 21 gennaio. L’incarico di ministro era ancora in mente Dei, ma il capoeconomista dell’Ocse segnalava già come l’aggiustamento post crisi sia avvenuto soprattutto mediante la compressione dei salari e non in virtù di miglioramenti strutturali di sistema. Secondo le previsioni d’inverno della Commissione Ue pubblicate due giorni fa – le stesse in cui il tasso di crescita del pil italiano è stato rivisto al ribasso a più 0,6 per cento nel 2014 – il tasso di crescita della Tfp in Germania è stato dell’1 per cento annuo prima della crisi (2000-2007) e dello 0,6 dal 2007 al 2013. La Spagna ha persino invertito la rotta: dallo 0,2 per cento pre-crisi allo 0,8 post crisi, con una prospettiva stabile per il prossimo biennio. L’Italia è passata dallo 0,1 per cento del 2000-2007 al meno 0,1: ennesima conferma che abbiamo sprecato anni preziosi a parlare di riforme mai fatte. Tradotto in termini politici, la riflessione di Padoan rende antistoriche le contrapposizioni tra capitale e lavoro e antiquati i tavoli della concertazione tra sindacati e imprese. La sfida futura è post ideologica: far lievitare la produttività non riducendo i salari (anzi, facendoli aumentare), ma accrescendo efficienza ed efficacia dell’humus istituzionale ed economico. Il governo Renzi ha davanti un compito obbligato e arduo tra i principali evocati finora: scuola, giustizia, burocrazia e lavoro, aggiungiamo innovazione tecnologica e liberalizzazioni. Da lì passerà anche un possibile ammorbidimento di Bruxelles sul rispetto dei vincoli di bilancio (dopo che tra l’altro il governo Letta, con curioso tempismo, ha deciso mentre si dimetteva di non utilizzare la “clausola di flessibilità” strappata a Bruxelles). E’ un lavoro duro, per autentici figli di Troika.
IL Foglio, 27 febbraio 2014 - ore 06:59