Conflitto d’interessi, un tic. Cosa c’è dietro
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le accuse moralistiche all’imprenditrice-ministro Guidi
Il conflitto di interessi è un capo d’accusa mediatica marcio, dall’odore cadaverico. E continua a eccitare il giornalista collettivo pure con il neonato governo renziano dalle promesse di rottura. Tuttavia sarà per quest’aria di svecchiamento generale che pure la stampa ha preferito rinnovare la fattispecie inventando il conflitto di interessi preventivo di natura “potenziale”. E’ questa l’accusa lanciata al neoministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi. La Guidi non aveva fatto in tempo a prestare giuramento che già i primi resoconti di stampa la tacciavano di essere portatrice sana di conflitto di interessi, di essere un’emissaria di Confindustria e la longa manus di Silvio Berlusconi all’interno dell’esecutivo renziano. Niente di più fuorviante. Guidi ha lasciato gli incarichi nella azienda di famiglia contestualmente alla nomina ministeriale e non possiede azioni nella Ducati energia, compagnia attiva nel settore delle rinnovabili che produce utili ed è delocalizzata all’estero (250 dipendenti in Italia su 800), come molte altre aziende del cosiddetto made in Italy. Trae solo la metà del fatturato nazionale – l’80 per cento lo fa all’estero – dalle commesse pubbliche. Eppure qui insiste Repubblica al punto che il vicepremier, Graziano Delrio, ha già prodotto una autodifesa dicendo che Palazzo Chigi vigilerà sui dossier in “potenziale” conflitto, sebbene non sia ancora possibile dettagliarli. Infatti per parlare di “conflitto” bisognerà capire a chi andranno le deleghe per l’energia e se la Guidi vorrà tenerle per sé o no. Si vedrà mercoledì in Consiglio dei ministri.
E’ una confindustriale doc? Non proprio. Guidi è stata presidente dei giovani di Confindustria dal 2008 al 2011 (tre anni fa), l’attuale presidente dell’Associazione nazionale, Giorgio Squinzi, non ne ha influenzato la nomina e non la vede da tempo. Guidi, per giunta, apparteneva all’ala opposta a quella squinziana, quella di Alberto Bombassei, patron della Brembo, e vicina a Luca Cordero di Montezemolo. Niente di più distante dalla Confindustria d’oggi.
I contatti con Berlusconi? Ci sono stati in passato. Ma il Pdl ha già preso le distanze da lei in quanto partito d’opposizione. Non da ultimo – per precisa indicazione del governo – il suo è un incarico di natura “tecnica”. Guidi, 44 anni, è stata chiamata in qualità di imprenditrice capace e con esperienza pluriennale, previa gavetta: è entrata in Ducati come impiegata per volere del padre, Guidalberto Guidi, storico presidente di Confindustria.
Il motivo dell’astio sotteso forse sta nelle idee della Guidi, in grado di infastidire i sindacati. Come ha notato Enrico Marro, autore del “Diario sindacale” sul Corriere della Sera, Guidi da tempo sostiene la bontà dei contratti individuali. E, forse, potrebbe tradurre l’idea in azione quando si troverà a discutere delle 159 crisi aziendali sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico. Una preoccupazione per Cisl, Uil ma soprattutto per la Cgil. Il sindacato guidato da Susanna Camusso, infatti, “non le ha mai perdonato” – scrive Marro – l’intenzione di derubricare i contratti di lavoro nazionali a “cornice” del rapporto di lavoro. “La flessibilità intesa come flessibilità positiva. La dedizione all’impresa e il desiderio di fare. Per farlo – disse Guidi da presidente dei giovani confindustriali nel 2008 – il contratto dovrebbe allora essere sempre meno ‘collettivo’ e sempre più ‘tailor made’, fatto su misura, tagliato attorno al singolo individuo. Perché se le condizioni di impiego possono essere quelle per tutta una categoria, le caratteristiche […] sono peculiarmente individuali”. Dichiarazioni che indispettirono l’ex sindacalista Guglielmo Epifani e che oggi come allora scombussolano il Pd che fa il processo alle intenzioni. Stefano Fassina, sinistra del Pd, ha agitato il vessillo consunto del “conflitto” sull’Unità; ha criticato la linea della Guidi in quanto “inadeguata a un governo a guida Pd”. Come il padre, l’imprenditrice emiliana segue l’idea dei contratti alla Marchionne. Non a caso fu Guidalberto a sostenere l’uscita del capo di Fiat dalla Confindustria, a invitarlo ad adottare i contratti aziendali a Pomigliano d’Arco. Resta da vedere se il ministro Guidi darà seguito ai suoi intendimenti, in sintonia con l’indirizzo paterno. Intanto è diventata un bersaglio preventivo.
FQ. di Alberto Brambilla – @Al_Brambilla, 25 febbraio 2014 - ore 09:37