NELL’EUROPA SI DIVENTA CAPI DEL GOVERNO

DOPO AVER VINTO LE ELEZIONI, IN ITALIA NO. DA NOI BASTA

VINCERE (SIA PURE ALLA GRANDE) LE PRIMARIE DEL PD” – “COME RENZI FARÀ A CONVINCERE FORZA ITALIA, PRINCIPALE FORZA D’OPPOSIZIONE, A VOTARE PERÒ INSIEME A LUI LE RIFORME?”

Editoriale di Ernesto Galli della Loggia che infila il dito nella piaga: il no di Napolitano alle urne. E il governo Renzi dovrà appoggiarsi agli stessi Alfano e Formigoni del governino Letta. E per le riforme avrà bisogno dei voti di Berlusconi. “Il Giamburrasca del Pd diventerà il Mandrake di Palazzo Chigi?”….

Ernesto Galli della Loggia per il Corriere della Sera, 13 FEB 2014 10:17

Nell'Europa «normale» si diventa capi del governo dopo aver vinto le elezioni, in Italia no. Da noi basta vincere (sia pure alla grande) le primarie del Pd. Infatti, salvo colpi di scena dell'ultima ora sempre possibili, Matteo Renzi sarà chiamato tra pochissimo alla carica di presidente del Consiglio: non solo senza aver mai partecipato a una competizione politica nazionale, e tanto meno aver in essa vinto alla testa di un partito, ma senza neppure sedere in una delle due Camere elettive, dal momento che, come si sa, egli non è né deputato né senatore. Una delle tante anomalie della vita pubblica nella patria della Costituzione «più bella del mondo».

Le anomalie però talvolta costano care. E ad accorgersene potrebbe essere proprio Renzi. Sostanzialmente inviso a una parte notevole del suo partito, la vera forza del sindaco di Firenze è stata fino a oggi nella simpatia e nel consenso che egli sapeva ottenere presso l'opinione pubblica.

Ma quando siederà a Palazzo Chigi - non portatovi però dal successo elettorale che quel consenso prometteva, bensì da una decisione tutta interna al Pd - sarà principalmente se non solo con il suo partito che egli dovrà vedersela. Da presidente del Consiglio - arrivatovi tuttavia nel modo che proprio lui aveva tante volte condannato: per designazione di una nomenclatura di partito - non potrà fare appello ad alcuna volontà popolare, ad alcun patto politico con gli elettori. Sarà solo.

Solo, alle prese con quegli intrighi, quelle giravolte, quelle vendette, abituali nel campo dei Democratici, che oggi amareggiano il triste commiato di Enrico Letta, e che domani - come dubitarne? - cominceranno subito, implacabilmente, a lavorare ai fianchi anche lui.

Renzi dunque dovrà governare senza l'appoggio manifesto di alcun «Paese reale». Per giunta dovrà farlo dovendo vedersela con due potenziali contraddizioni destinate con molta probabilità ad agitare in permanenza la sua maggioranza. La prima è l'eterogeneità di questa stessa maggioranza. Il suo, infatti, per il programma e per l'ambizione rinnovatrice, non potrà che presentarsi come un governo di centro-sinistra organico, come si dice: perché solo così egli potrà dare un segnale di svolta rispetto alle «larghe intese».

E però sarà l'unico governo di centrosinistra al mondo in cui siederanno ministri di un partito che si chiama Nuovo centrodestra. Un Ncd, tra l'altro, che difficilmente, c'è da immaginare, potrà sottoscrivere alcuni punti caratterizzanti del programma «rinnovatore» del presidente del Consiglio (unioni civili et similia ). Che cosa farà allora Matteo Renzi?

E come farà, per dire della seconda delle due contraddizioni di cui sopra, a condurre in porto le riforme istituzionali, sulle quali pure egli si gioca tanta parte della propria fortuna politica? Come farà cioè - poiché i numeri sono quelli e non c'è nulla da fare, dei voti di Berlusconi egli ha bisogno - a convincere Forza Italia, principale forza d'opposizione, a votare però insieme a lui le suddette riforme?

Sarà mai possibile far procedere il programma di governo con una maggioranza e quello delle riforme istituzionali con un'altra, nonostante che ci sia la stessa persona a rappresentare entrambi?

Come si vede la decisione che Renzi deve prendere in queste ore è quanto mai difficile. In sostanza è una scommessa sulle proprie capacità poliedriche, di essere in grado di giocare sulla scena della politica e della vita parti diverse tenendole insieme, o passando da una all'altra senza rompersi l'osso del collo. Fino a oggi la parte di Giamburrasca del Pd, domani quella di Mandrake di Palazzo Chigi.

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