Marchionne trionfa su tutti. Fiat compra Chrysler

 alla faccia di Uaw. E dei sindacati all’italiana

Nella vita di ogni grande organizzazione e delle sue persone ci sono momenti importanti, che finiscono nei libri di storia. L’accordo appena raggiunto con Veba è senza dubbio uno di questi momenti per Fiat e per Chrysler”.Così Sergio Marchionne ieri sera ha annunciato l’accordo con il sindacato dell’auto Usa per rilevare il 41,5 per cento della casa di Detroit. Ma l’operazione promette di finire sui libri di storia soprattutto per un altro motivo: la fusione Torino-Detroit salda i destini della prima impresa privata italiana al cuore del capitalismo, alla faccia di ostilità e resistenze annidate nella società italiana e nei sindacati (che, obtorto collo, ora riconoscono il successo). In termini finanziari l’accordo è assai conveniente per Fiat, sia per l’entità che le modalità dell’acquisto. L’importo totale che verrà versato al fondo Veba ammonta a 3,65 miliardi di dollari, assai meno dei 5 miliardi richiesti dai falchi dell’Uaw. Ma dalle casse Fiat usciranno il 20 gennaio prossimo (data prevista per la firma del contratto) 1,75 miliardi di dollari utilizzando la liquidità disponibile a cui si aggiungono altri 1,9 miliardi di dollari attraverso un’erogazione straordinaria che Chrysler elargirà ai due soci.

Fiat girerà la quota di sua pertinenza allo United Auto Workers, che incasserà l’intera cifra. A questo andranno aggiunti altri 700 milioni di dollari  in quattro rate a fronte dei quali Uaw si impegna “a sostenere le attività industriali di Chrysler Group e l’ulteriore implementazione dell’alleanza Fiat-Chrysler”. In sintesi: Marchionne ha centrato, nei tempi desiderati (cioè entro la fine del 2013)  l’obiettivo di acquisire il  100 per cento della casa di Detroit a un prezzo compatibile con le finanze Fiat. Il Lingotto, perciò, non dovrà affrontare l’incognita di  un aumento di capitale. Viene evitato, di conseguenza, l’azzardo dell’Ipo di Chrysler, l’arma agitata dal sindacato per piegare la volontà di Marchionne che, una volta di più, si conferma un formidabile negoziatore. Al contrario, Marchionne procederà a tappe forzate sulla strada della fusione tra Torino e Detroit per approdare a Wall Street con un gruppo forte fin da subito di quasi 5 milioni di vetture vendute tra Stati Uniti, Europa e Brasile. Sarà il mercato americano a fornire a Marchionne le munizioni finanziarie per competere con tedeschi e giapponesi. Per l’Italia, la ricaduta più immediata sarà il piano industriale Alfa (9 miliardi di investimenti) che sarà annunciato nel prossimo aprile. La strategia del Lingotto di puntare su auto più prestigiose e redditizie, sulla falsariga di quanto già realizzato con Maserati, da oggi non è più una velleità ma lo sviluppo logico di una scelta coraggiosa. Il ceo di Fiat-Chrysler ha avuto il coraggio di liquidare rituali e logiche di appartenenza tipiche del capitalismo (straccione) di casa nostra. Non è certo per caso che l’America di oggi accetta l’abbraccio di Fiat, dopo aver sempre tenuto a debita distanza i gruppi, pubblici e privati, vicini ai condizionamenti congiunti di sindacato, politica e magistratura tricolore. Per questo il risultato di quest’ultima straordinaria partita del manager italo-canadese merita ben più di una citazione nei libri di storia.

© - FOGLIO QUOTIDIANO, 1 gennaio 2014 - ore 21:30

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata