Cara sinistra, il “caso Italia” delle carceri
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si risolve riformando la giustizia
Giustizia e diritti umani: ora la politica non può più voltarsi dall’altra parte. Tante, troppe volte la politica italiana non è stata in grado di correggere gli errori di un sistema e di invocare con coraggio provvedimenti necessari a tutelare la dignità dell’individuo. A partire da un tema specifico: il sovraffollamento delle carceri.
La questione carceraria non può rimanere nell’ombra: troppo forti sono state le parole di Giorgio Napolitano nell’ambito del suo messaggio alle Camere. “Un imperativo morale”, ecco come il presidente della Repubblica ha definito l’urgenza di risolvere, tramite provvedimenti straordinari, la drammatica situazione dei detenuti. Un tema affrontato con enorme coraggio solo da Marco Pannella e dai Radicali negli ultimi anni, e che ora deve impegnare tutta la politica. Le parole di Napolitano non meritano di rimanere inascoltate, devono essere declinate in due provvedimenti necessari: amnistia e indulto. In quale altra democrazia potrebbero infatti essere tollerate 30 mila presenze in più del normale nelle carceri? Le condizioni di vita dei detenuti sono drammatiche, e l’Italia rischia di pagare caro l’ostinazione a non voler vedere quel che succede dietro le sbarre. Da anni siamo un osservato speciale del Consiglio d’Europa, più volte la Corte europea per i diritti umani (Cedu) ha qualificato come violazione della dignità quel “trattamento inumano e degradante” consistente nella detenzione (in attesa di giudizio o meno) in carceri sovraffollate come le nostre, addirittura intimando all’Italia l’adozione di misure idonee a risolvere in modo strutturale il problema entro il 27 maggio 2014. Alle parole del presidente Napolitano hanno fatto seguito le azioni di Annamaria Cancellieri. Il ministro della Giustizia ha compiuto un passo fondamentale con l’approvazione del decreto n. 78/2013: uno dei più importanti, negli ultimi anni, in materia penitenziaria, perché ha tentato di ridurre l’area del carcere (a titolo di pena o di misura cautelare), eliminando parte di quelle preclusioni alla libertà fondate su astratte presunzioni di pericolosità.
Ecco perché il tempo per una riforma strutturale del sistema penale e penitenziario è giunto in maniera inappellabile. Si tratta di un vero e proprio “dovere costituzionale”, sempre seguendo il messaggio del presidente, poiché l’Italia è già stata condannata dalla Cedu (per via dell’ormai famoso caso Torregiani, che va assolutamente risolto entro il 28 maggio 2014) e perché l’intollerabilità della situazione carceri cresce ogni giorno che passa. Una riforma di questo tipo va ideata e messa in pratica nell’ambito di una più generale riforma della giustizia sulla quale non v’è più alcun alibi di sorta. Per troppi anni la parola “giustizia” è stata associata a una figura unica, rendendo impossibile ogni tentativo di mettere mano al sistema in sé. Ecco la grande occasione della sinistra: lanciare una riforma che vada incontro alle esigenze e ai bisogni dei cittadini. Una sinistra veramente garantista deve essere pronta a combattere contro il populismo penale e giudiziario che ha provocato effetti devastanti aumentando inutilmente le fattispecie di reato solo a scopo demagogico. Una riforma giusta deve avere poche parole d’ordine: diritto penale minimo; giustizia riparativa; sanzioni effettivamente rieducative; processo celere ed equo. Certezza della pena e certezza del recupero: queste misure sono essenziali per riportare il cittadino – sia come vittima sia come imputato – e la sua dignità al centro di una più legittima politica penale e giudiziaria. E’ dovere comune impegnarsi in primo luogo su questo, perché mai come sulla giustizia quello che è in gioco è la stessa idea di stato, di libertà, di società. Uno stato di diritto da contrapporre alla ragion di stato.
di Sandro Gozi, I5 dicembre 2013 - ore 10:04l foglio,
Deputato Pd, presidente della delegazione italiana all’Assemblea del Consiglio d’Europa