Violante, Onida e altri democratici sconfitti
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dai manettari anti Cav.
Ora che tutto è andato, tutto è compiuto, tutto è finito (e quindi, tutto ricomincia) — e la folla s’indigna perturbata lungo il budello del Plebiscito per il Cav. offeso come Mandela e come Michelangelo, e la folla s’arrapa soddisfatta a sinistra (pur con differenti arrapamenti: pop. viola / reduci girotondini / palasharpini stagionati e kantiani / renziani emergenti / epifaniani tramontanti, ecc. ecc.) per l’immaginario Cav. quale Marie Antoinette issato sulla carretta verso la Conciergerie – restano sul bordo strada dell’intera faccenda, un po’ malmenati e un po’ appartati, quei pochi che a sinistra in questi mesi hanno provato a far argine: aspettiamo, vediamo, verifichiamo, consultiamo, sentiamo, argomentiamo… Forse per scienza giuridica, forse per vigile coscienza, forse solo per la stessa saggia cautela politica che faceva drizzare le orecchie, in mattinata, a un vecchio e acuto militante della sinistra, il senatore Ugo Sposetti, quando ha evidenziato che è sì come “la caduta del Muro di Berlino”, soddisfazione e bisboccia, ma meglio fare lo stesso attenzione, “spesso le macerie cadono in testa ai vincitori”. In punta di diritto provarono ad argomentare, per esempio, non due prezzolati, non due sospetti in odore di conversione arcoriana, non due naviganti alla deriva sul bordo paludoso pro Cav./no Cav., piuttosto quasi due icone della sinistra costituzional-giudiziaria degli ultimi vent’anni: il presidente emerito della Corte costituzionale, Valerio Onida, e il presidente emerito della Camera, Luciano Violante. Che anzi, se c’è un sospetto che da destra hanno riversato su loro è sempre stato quello di avere in troppo gran conto i magistrati e in nessun conto il Cav. liberale. Si avventurarono – con spregio del pericolo: s’intuiva e infatti s’è visto – verso un territorio saldamente vigilato, sorta di curiosa teocrazia legalista, sentinelle e piantoni e giornaloni lungo tutto il perimetro. Due insospettabili mediaticamente ridotti, in poche ore, al rango di sospettabili, sbertucciati, contestati anche con brutta grinta. Quello che, più o meno, nelle ultime ore è successo anche al democratico Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio a Montecitorio. Aveva detto Boccia, a Radio 24, che “un paese normale avrebbe atteso la delibera della Corte sull’interpretazione della legge Severino”, e che “con nuove prove mi aspetterei la revisione del processo Mediaset”. Si levarono gli scudi, si levarono le voci, s’intuirono le pernacchie: “In un paese normale un giovane parlamentare come Boccia si sarebbe limitato a parlare di cose che conosce, senza avventurarsi in campi in cui naviga a vista”. Ora, a parte il fatto inedito di navigare su un campo – e si ara il Tirreno? – fu un rapido tweet di Boccia che segnò il cessato assedio: quello della ritirata – precisazione, almeno, con l’intesa che lui non insisteva e che gli altri non s’avventavano: “Non ho fatto alcuna valutazione sui documenti presentati da Berlusconi, ecc. ecc.”. Ma Onida e Violante – peraltro ben più radicati nella storia della sinistra di Boccia – furono persino sospettati di essere loschi inviati di Napolitano (sospettato principe, sospettato pure dal Cav. poi: guarda tu). “Onida, il saggio che cambia sempre verità”, scolpì il Fatto (su certe faccende è magistero) dopo un suo articolo sul Sole 24 Ore. Ancora peggio, quasi l’impensabile è successo a Violante – pure esso per diversi lustri, a destra e tra i berlusconiani, identificato come il tutore più autorevole di tutte le “toghe rosse” vaganti per l’orbe terracqueo. A un’assemblea del suo partito a Torino fu quasi messo sotto processo. “Non ho mai proposto lodi o salvacondotti. Ho detto che Berlusconi ha il diritto di difendersi. E noi dobbiamo rispettare questo diritto”, cercò di spiegare – commosso e turbato. Disse che gli stava a cuore non far apparire il Pd “come colui che nel momento in cui ha tra le mani il suo avversario non garantisce i suoi diritti”. Cercò di usare buon senso, gli altri videro ardere oscura passione berlusconiana. E a una festa del Pd a Violante (Violante!) rovesciarono addosso dell’acqua. Fu lo “sbattezzo” democratico.
© - FOGLIO QUOTIDIANO di Stefano Di Michele, 28 novembre 2013 - ore 09:42