A un giorno dalla fiducia. Le consultazioni

di Letta. Il premier e il suo vice danno il via agli incontri

a palazzo Chigi. Alfano ammonisce: "Nessun gruppetto nel Pdl. Domani tutto il partito voti la fiducia". E il Cav. spiega a Tempi i motivi della scelta di far cadere il governo

Sono ore di confronto per il Pdl, ma anche per il governo di Enrico Letta. Dopo un faccia a faccia durato più di tre ore tra il leader del Pdl Silvio Berlusconi e il vicepremier, Angelino Alfano, e l'intensificarsi delle voci su una imminente scissione delle "colombe" interne al partito, pronte a votare la fiducia domani a Letta e al suo governo, l'ambasciatore Gianni Letta si è recato a palazzo Chigi. Nella sede del governo sono giunti anche Fabrizio Cicchitto e lo stesso Alfano. A colloquio con il premier Letta anche i ministri dimissionari Gaetano Quagliariello e Beatrice Lorenzin. Sul tavolo della trattativa ci sarebbe l'ultima mediazione offerta dal Cav., sotto la pressione del segretario Alfano e dei ministri dimissionari: il tentativo di salvare il governo, evitando il voto di fiducia domani al Senato. Un modo che servirebbe anche a evitare la spaccatura del Pdl. E proprio dal segretario del Pdl è arrivato un monito ai suoi: "Rimango fermamente convinto che tutto il nostro partito domani debba votare la fiducia al governo. Non ci sono gruppi o gruppeti".

QUI PDL - Già questa mattina diversi esponenti di spicco del Popolo della Libertà si erano recati a palazzo Grazioli per avvertire l'ex premier che una trentina di senatori erano pronti allo strappo. Nella riunione con i capigruppo e i coordinatori si sarebbe innanzitutto discusso del nuovo organigramma del partito: un coordinamento con alla guida Alfano e la presenza dei coordinatori e dei capigruppo, più un esponente degli ex An, Gasparri o Matteoli. Ma Alfano avrebbe soprattutto insistito sul governo, chiedendo all'ex presidente del Consiglio di tornare sui suoi passi. Intanto i primi segnali di apertura al voto di fiducia di domani al governo Letta sono arrivati dal senatore "dissidente" del Pdl Carlo Giovanardi che ha assicurato: "Abbiamo i numeri, siamo anche più di 40, e siamo fermi nel voler mantenere l'equilibrio di governo. Per questo voteremo la fiducia. Il problema dei numeri, al massimo, è degli altri".

LA TESTA DELLA PITONESSA - ''Mi risulta che il segretario Alfano ha chiesto la mia testa come condizione per mantenere l'unità del Pdl-Forza Italia. Detto che ciò dimostra la strumentalità della  protesta in corso da parte dei nostri ministri dimissionari, non voglio offrire alibi a manovre oscure e pericolose. Pertanto la mia testa la offro spontaneamente al segretario Alfano, su un vassoio d'argento,  perché l'unica cosa che mi interessa per il bene dei nostri elettori e dell'Italia è che su quel vassoio non ci finisca quella del  presidente Berlusconi'', ha dichiarato Daniela Santanchè, consapevole di essere stata anche lei oggetto di discussione nell'incontro tra il Cav. e il vicepremier Alfano.

RENZI A PRANZO DA LETTA - Incontro lungo e cordiale, quello avvenuto tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. L'incontro è avvenuto in un clima sereno e amichevole, e  sarebbe stato concordato nei giorni scorsi. Durante l'incontro, durato un'ora e mezza, il premier avrebbe ottenuto dal sindaco toscano il via libera al tentativo di formare un nuovo governo appoggiato dalle colombe del Pdl.

L'IPOTESI MARINA - Le agenzie avrebbero appreso da fonti del Pdl che la primogenita del Cavaliere avrebbe manifestato in queste ore tutta la sua rabbia e indignazione nei confronti di quella parte del Pdl pronta a girare le spalle all'ex premier e votare la fiducia al governo Letta. Tuttavia nessuna decisione definitiva sarebbe stata presa al momento, ma la tentazione della presidente Mondadori sarebbe molto forte.

LA LETTERA DI BERLUSCONI - Intanto Tempi anticipa stralci della lettera inviata dal Cav. al settimanale nella quale il leader spiega il perché della sua scelta di "porre un termine al governo Letta". Nella lettera Berlusconi parla del ruolo che i magistrati hanno avuto sul suo destino e su quello del paese: "Hanno “rovesciato come un calzino l’Italia”, come da programma esplicitamente rivendicato da uno dei pm del pool di Mani Pulite dei primi anni Novanta, ed ecco il bel risultato: né pulizia né giustizia. Ma il deserto". Il Cav. ne ha anche per Letta e Napolitano: "Come può essere affidabile chi non riesce a garantire l’agibilità politica neanche al proprio fondamentale partner di governo e lascia che si proceda al suo assassinio politico per via giudiziaria?". Poi conclude: "Ho scelto la via del ritorno al giudizio del popolo non per i “miei guai giudiziari” ma perché si è nettamente evidenziata la realtà di un governo radicalmente ostile al suo stesso compagno di cosiddette “larghe intese”. Un governo che non vuole una forza organizzata di centrodestra in grado di riequilibrarne la sua linea ondivaga e subalterna ai soliti poteri interni e internazionali".

Foglio, 1 ottobre 2013 - ore 16:04

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