Diversamente napolitaniani. Renzi,

la crisi e quei sospetti sul Napolitano neocentrista

La ricerca di una nuova maggioranza, il “mastellismo”, la sfida con Letta

“Il Pd è contro ogni ipotesi di governicchi sostenuti da iniziative di trasformismo parlamentare. Abbiamo già dato nel 1998, quando al governo dell’Ulivo si sostituì un’alleanza senz’anima”. La sintesi del pensiero più inconfessabile che in queste ore passa per la testa di Matteo Renzi è una dichiarazione che arriva ieri nel pomeriggio firmata da Antonio Funiciello, membro della segreteria del Pd, ed esponente vicino al Rottamatore. Dal punto di vista della forma, il pensiero è quello di chi vede nell’operazione neocentrista che potrebbe nascere in Parlamento una copia sbiadita di un esperimento intravisto alla fine degli anni Novanta, quando Massimo D’Alema, infliggendo uno sfregio al bipolarismo, prese il posto di Romano Prodi a Palazzo Chigi spinto dal sostegno di un piccolo partito di nome Udeur. Ma dietro alla forma, come spesso capita, esiste una questione più complicata, e più inconfessabile, che si collega alla nascita di una corrente di pensiero del Pd di cui Renzi ha la tessera numero uno e che i più maliziosi tra i democratici definiscono con tre parole efficaci: “I diversamente napolitaniani”. Di che si tratta? Tutto si lega al tentativo portato avanti da Letta (e non ostacolato dal Quirinale) di dividere il centrodestra in una “good company” a sostegno del governo e in una “bad company” non a sostegno del governo, e di utilizzare poi la “good company” per far nascere un esecutivo numericamente meno forte di oggi ma politicamente più solido e capace di garantire alle nuove larghe intese una prospettiva di vita più lunga rispetto a quella che esiste oggi. “Se dovesse nascere un nuovo esecutivo con alcuni pezzi di Forza Italia – dice al Foglio Matteo Orfini – è evidente che chi nel centrodestra accetta di farne parte vorrà avere la garanzia che questo governo duri il più possibile, altro che 2015”. Altro che 2015, già. Il timore inconfessabile del sindaco è che se la complicatissima operazione “Letta bis” dovesse riuscire potrebbe allontanare le elezioni e trasformare le larghe intese in insostenibili lunghe attese: “E se dovesse verificarsi uno scenario di questo tipo – confida al Foglio un renziano di peso – è evidente che Matteo non potrebbe che marcare una distanza con il presidente della Repubblica e con il progetto neocentrista, e quando nei prossimi giorni gli sentirete dire che ‘il nostro paese e anche il Pd hanno bisogno di una grande democrazia bipolare’ il messaggio verrà calibrato per essere recepito anche dal Quirinale”.

D’Alema e il pedale dei rottamatori

Stando alla giornata di ieri però i sospetti di Renzi rimangono circoscritti al semplice perimetro delle paure: i numeri per uno spacchettamento non si vedono, il centrodestra ha offerto segnali di ricompattamento coatto e anche per questo il tema di cui si discuterà oggi in segreteria (ore 11) e poi durante la riunione dei gruppi parlamentari (ore 15) sarà legato al tipo di approccio che il Pd dovrà scegliere nel caso in cui il governo dovesse ricevere la fiducia di Berlusconi. Un tema così riassumibile: il Partito democratico potrà fischiettare e continuare a sostenere il governo come se nulla fosse? Il fronte dei rottamatori proverà a spingere su questo pedale per accelerare la fine dell’esecutivo, scongiurare la nascita di esperimenti neocentristi e provare in tutti i modi a dimostrare che l’unico senso di questo governo è quello di scrivere la legge di stabilità, cambiare la riforma elettorale e poi andare al voto. “Una situazione di questo genere – è la posizione dei renziani– non possiamo reggerla. Il governo che nascerà o rinascerà dovrà essere di scopo. E non è immaginabile che il presidente del Consiglio pensi che si possa andare avanti facendo finta di niente”. Sul fronte di coloro che proveranno nel Pd a “capitalizzare” il clima da pre-crisi vi è anche Massimo D’Alema – che ieri ha detto che se la situazione dovesse precipitare bisognerebbe fare subito primarie di coalizione e rinviare il congresso – e non è un caso che da qualche giorno da Palazzo Chigi si osservino con preoccupazione le mosse dell’ex premier. Mosse sospette che secondo i lettiani indicherebbero un problema così sintetizzabile. “E’ vero che l’ostacolo del governo oggi si chiama Berlusconi ma è anche vero che di giorno in giorno nel Pd aumentano gli esponenti di peso che si augurano che Berlusconi faccia saltare in aria il governo. Noi però siamo pronti a tutto. Sia a un nuovo governo. Sia a nuove elezioni. E state certi che se si andrà a votare Enrico ci sarà, eccome se ci sarà”.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Claudio Cerasa   –   @claudiocerasa

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