IL SUICIDIO DELL’IRAN

Il figlio del presidente Rohani e quelli dello Scià si sono tolti la vita,

lo stesso fanno oggi dissidenti e gente comune. Teheran come la Ddr

Scrive Meotti “Ufficialmente in Iran il suicidio non esiste. Si chiama “depressione” o “attacco di cuore”. Ammetterne l’esistenza sarebbe una sconfitta del regime islamico degli ayatollah. Lo stesso avveniva nella Germania dell’est, capitale mondiale dei suicidi fino agli inizi degli anni Novanta.

Un segreto e inconfessabile che oggi fa arrossire la teocrazia iraniana. E’ quello del figlio del nuovo presidente, Hassan Rohani.. Avvenne nel 1992. Il figlio di Rohani lasciò un biglietto prima di uccidersi. Si tratta duna lettera di accusa indirizzata al padre, allora funzionario della Difesa e ayatollah in ascesa: “Odio il tuo governo, le tue menzogne, la tua corruzione, la tua religione, le tue doppiezze, la tua ipocrisia. Mi vergogno a vivere in questo ambiente, dove ogni giorno devo mentire ai miei amici, spiegare loro che mio padre non fa parte di tutto questo. Dire che mio padre ama questo paese, che non è vero. Mi fa star male vederti, padre, baciare la mano di Khamenei (la Guida Suprema, ndr)” dell’Iran.

Ogni giorno, l’ospedale Loqman della capitale Teheran ricovera decine di pazienti che hanno cercato di togliersi la vita in numerosi modi.”

Una lunga lista che fa capire le difficoltà iraniane di coniugare religione e politica, di farne un tutt’uno.  Scrive ancora Meotti “Il blogger Omidreza Mirsayafi aveva trent’anni quando si è tolto la vita nel famigerato carcere di Evin, la Lubianka iraniana. “Dedicava la maggior parte dei suoi articoli alla musica tradizionale persiana e alla cultura”, …Dallo scrittore Khaksar al decano dei giornalisti Pourzand una lunga lista di suicidi legati alla Rivoluzione islamica.”

Le autorità si rifiutano di rendere pubblici i numeri dei suicidi, che sono la seconda causa di morte nel paese

.. Si è ucciso anche Ali-Reza Pahlavi, figlio dell’ultimo scià dell’Iran, con un colpo di pistola nel suo appartamento di Boston, dove viveva in esilio.

.. Ha tentato il suicidio anche Ali Tehrani, il cognato dell’ayatollah Khamenei, sposato alla sorella Badri, e che ha trascorso diversi periodi al confino e in carcere per aver condotto una campagna contro i leader religiosi iraniani.

Si sono suicidati Nahal Sahabi e Behnam Ganji, una giovane coppia iraniana, lei maestra d’asilo e lui studente, innamorati e pieni di speranze per il futuro, vittime di un regime crudele che ha distrutto le loro vite semplicemente perché Ganji divideva un appartamento con un attivista per i diritti umani.

….C’è un libro proibito oggi in Iran. Si intitola “Il gufo cieco”. Venne scritto da Sadeq Hedayat, il capostipite della letteratura iraniana moderna, anche lui morto suicida a Parigi, oppositore sia dello Scià che dei fedeli dell’imam Khomeini. Hedayat è l’autore di racconti come “Sepolto vivo”, un poderoso atto d’accusa contro “l’Iran dei religiosi inturbantati”. L’Iran di oggi è come il gufo di Hedayat. Un magnifico uccello notturno. Ma cieco al futuro. Questo, forse, aveva visto il figlio di Hassan Rohani prima di premere il grilletto della pistola del padre. Si uccise, simbolo tragico del suicidio dell’Iran contemporaneo, con l’arma della Rivoluzione.”

Da un articolo di Giulio Meotti, il Foglio 17/8

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