Elogio del Carpione, che vive a Garda e nel Mar Caspio

È il pesce di acqua dolce più pregiato al mondo. E ora

Slow Food prova a sottrarlo all’estinzione

C’era una volta il carpione. Anzi Carpione con la C maiuscola: un salmonide - Salmo Trutta Carpio - che vive solo nel lago di Garda. Gli studiosi non hanno mai spiegato il motivo di questa unicità e la presenza di una specie simile nel Mar Caspio, peraltro quasi estinta per le condizioni pessime di quel bacino. I gourmet sanno di cosa stiamo parlando: del pesce di acqua dolce più pregiato al mondo, costoso quanto il gambero rosso di Sanremo (si viaggia sui 60-70 euro al kg) e dal gusto unico. Non sono deliri da foodies del XXI secolo. Amato già dai Romani, venne protetto – nel 1464 - da un Decreto della Repubblica di Venezia, visto che era un piatto d’onore nei banchetti ducali. Molti storici della cucina sostengono che la nascita della tecnica del “pesce in carpione” – tuttora diffusa sui laghi lombardi - sia nata proprio allora per conservare la freschezza della preda nel viaggio dal Garda a San Marco.

Oggi che è a rischio di sparizione, ha trovato l’ancora di salvezza - forse - in un Presidio Slow Food, promosso dalla Condotta del Garda e in primis dal suo dinamico presidente. Un gardesano doc, ben conosciuto su queste rive e noto ai gourmet non solo italiani. Si chiama Gianni Briarava, patron dell’Antica Trattoria alle Rose – uno dei locali cult a Salò per chi ama il buon cibo e il buon vino – nonchè fondatore dell’altrettanto celebre Osteria dell’Orologio. Oste per vocazione e imprenditore illuminato: ora gestisce anche la Locanda del Benaco, una bomboniera sul lungolago più bello d’Italia. Ma è al carpione che deve la fama tra i gourmet: per italiani e stranieri – tra agosto e settembre – sedersi alle “Rose” voleva dire gustare buoni piatti del territorio, il miglior pesce del lago ma soprattutto sua maestà il carpione.

Briarava, i vecchi pescatori del Garda dicono che non c’è speranza e ricordano i tempi eroici, quando riempivano le barche con le prede...

Hanno torto nel primo caso e ragione nel secondo. A sei anni uscivo già in barca con mio padre e i pescatori di Campione, se ne prendevano a decine e decine tanto che ne tenevano un po’ per noi, da gustare al vapore o alla griglia. Ed era un lusso visto che venivano venduti a un prezzo quattro volte maggiore di un coregone ai privati o ai ristoratori più famosi. Ma era il nostro pesce, si poteva rinunciare a qualche lira.

Perché Campione, nell’alto lago, è sempre stato il paradiso del carpione?

Lì trovava l’ambiente ideale fermo restando che si poteva trovare in altre zone del lago: acqua pulita, fondali profondi sino a 200 metri, i rilievi ghiaiosi alle femmine per sfregarsi e quindi spargere le uova che poi i maschi ricoprivano con il loro seme e le fecondavano. Comunque, si pescava bene anche a Garda o all’isola.

Quanto è durato l’Eden?

Sino a metà degli anni ’80 poi è iniziata la crisi. Il boom turistico e la scarsa cultura ambientale hanno fatto danni gravissimi al lago che per la pesca del carpione paghiamo ancora adesso. Quando ho aperto le Rose nell’85 mi arrivavano in cucina oltre cento carpioni all’anno, mio padre un giorno me ne portò una cinquantina di una pescata unica. Pian piano siamo scesi a venti a stagione e da qualche anno non li cerco più. Meglio che i pochi sopravvissuti nuotino piuttosto di servirli al ristorante.

Sulle cause del crollo numerico, ci sono opinioni diverse

Vero: il cambiamento climatico, la Gardesana che non frana più nel lago a formare i “canaloni” perfetti per le “freghe”, gli altri pesci – la bottatrice in primis – che sottraggono cibo al carpione, l’eccessiva caccia. Per questo bisogna difendere gli ultimi esemplari e lavorare per il ripopolamento, come è stato fatto – con successo – per il coregone che negli ultimi anni è rinato grazie a ben 50 milioni di avanotti. Ma lì è stato relativamente semplice, qui un’impresa.

Così è nato il Presidio del Carpione...

L’avevo in mente sin dal giorno in cui Slow Food mi ha chiesto di occuparmi della Condotta del Garda. Lo abbiamo ufficializzato a Terra Madre, nello scorso ottobre, e ha trovato uno sponsor importante quale il Consorzio del Lugana, il vino bianco gardesano per eccellenza. Stiamo supportando le iniziative che stanno studiando il carpione in cattività per trovare l’incrocio giusto tra due esemplari perfetti. Ci vorrà tempo e soprattutto la voglia di lavorare insieme.

Non si è perso troppo tempo? Nel 2006, il carpione è stato inserito nella lista rossa delle specie a forte rischio di estinzione.

Lo so bene ma sono ottimista, il lago sta dando segnali importanti. Sardine, coregoni, cavedani, lucci e persici non mancano o abbondano. Manca l’alborella ma in compenso si rivedono le trote, quelle vere. Lo scorso anno, ne abbiamo prese una da 14 kg e una da 5. In novembre, nelle acque del torrente San Lorenzo a Toscolano, i ragazzi che seguono il progetto ambientale hanno filmato un gruppo di trote che deponeva le uova: da una vita non succedeva. Bellissimo.

Ma il carpione merita tutto questo impegno?

Scherziamo? Non ha rivali per la bontà unica della sua carne, è il simbolo del nostro lago: meriterebbe ben più di una statua. Per questo, non ho fretta: l’importante è che tra vent’anni il carpione torni padrone del lago, il che vorrebbe dire un Garda come era negli anni ’70. Si può fare, credetemi.

Ultima insolenza: ma i nuovi carpioni –sarebbe inesatto definirli artificiali – entusiasmeranno il palato come quelli del passato?

Sì, perché non verranno allevati ma nuoteranno in queste acque e prenderanno quel mix di profumi lacustri che restano dentro sin da bambino. Quando portavo in tavola un carpione cotto al vapore e lo aprivo per pulirlo, il profumo mi prendeva alla testa. Perché era quello che sentivo a Campione, quando i pescatori lo cucinavano

Maurizio Bertera, Inkiesta, 11/8

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