La prova dello sciacallo. Perché Pd e Pdl

devono resistere alle pressioni del partito sfascista

La prova più dura per Silvio Berlusconi, massacrato nel suo scontro ventennale con la magistratura politicizzata, consiste nella ricerca di una possibilità di tenere aperta concretamente, non solo attraverso l’espressione di volontà, la battaglia politica per il rinnovamento in senso liberale delle istituzioni, che ha caratterizzato seppure con alti e bassi la sua ormai lunga stagione politica. Facile solo a dirsi, certo, nel momento in cui gli effetti di una sentenza monstre producono rivolte legittime e drammatizzazioni calcolate (come le dimissioni in massa dei parlamentari e ministri berlusconiani, in nome della richiesta al Quirinale d’una grazia immediata per il Cav.). Ma è anche necessario tenere i nervi saldi, non farsi prendere dalla pur comprensibile spirale delle rappresaglie, su cui peraltro giocano spregiudicatamente alcuni esponenti del Partito democratico dalle inclinazioni pentastellate, a cominciare da Pier Luigi Bersani. Se Berlusconi punta a esercitare una funzione ricostruttiva per il futuro, non può esimersi dal misurare con cura i rischi di un crollo repentino del fragile equilibrio politico da lui stesso voluto e costruito in accordo con Napolitano, dopo le elezioni del febbraio scorso.

Specularmente, anche il Partito democratico è chiamato a superare una difficile prova di maturità. Non sarà semplice resistere alla pressione di chi, sulle ali dell’entusiasmo sciacallesco per la condanna del “nemico”, pretende di aprire una fase di proscrizione degli avversari politici tradizionali, rompendo immediatamente l’alleanza coatta da sempre mal sopportata. Il rischio di trasformare la politica in uno scontro quasi fisico tra tifoserie, come chiede un giorno sì e l’altro anche un fronte informativo guidato dalla Repubblica, si fa sempre più concreto il che richiede uno sforzo di responsabilità straordinario a tutti quelli che non vogliono entrare in questa prospettiva puramente distruttiva. Il centrodestra può e deve rivendicare la propria dignità di ormai storica rappresentanza politica. Se riuscirà a non farsi prendere dalla comprensibile agitazione del momento, lascerà al Partito democratico l’eventuale responsabilità di far saltare il governo presieduto da un suo esponente per il cedimento strutturale del suo spirito riformista, o di mantenere l’impegno assunto con Giorgio Napolitano in cambio della sua accettazione della rielezione.

Nel momento in cui lo si vuole espellere dal consorzio pubblico, Berlusconi ha tutto il diritto di proclamare il suo ultimatum (riforma della giustizia o voto), ma è essenziale che l’obiettivo della sua reazione veemente non fornisca pretesti al confuso fronte della crisi che è evidentemente collegato a quello dell’offensiva giustizialista. © - FOGLIO QUOTIDIANO, 3/8

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