Piccole manovre. Pdl e Pd si preparano al botto,

 Napolitano prevede schegge sul Quirinale

Al Castello drammatizzano la vigilia, ed è con una vocina esile che Daniela Santanchè, mentre Silvio Berlusconi attende l’aereo che deve portarlo a Roma, si abbandona a un “niente di buono, niente di buono”. La Cassazione si riunisce oggi, deciderà domani, o forse giovedì, e dunque i Palazzi della politica romana restano sospesi, in attesa del giudizio universale, si ferma tutto, anche la guerra di nervi interna al Pd conosce una pausa tattica, le fazioni si osservano, si studiano, gli occhi iniettati di politica: il congresso, le tessere, le primarie e la parola “scissione” che qualcuno comincia a maneggiare incautamente, perché i guai di Berlusconi possono diventare lo strumento d’una resa dei conti finale anche nel partito sfasciato. E dunque nel Pd, tra gli amici di Pier Luigi Bersani, nell’ala governativa, temono la sentenza del Cavaliere almeno quanto gli agitati uomini del Pdl, e ciascuno prepara una sua scialuppa di salvataggio, si fanno ipotesi, si costruiscono scenari e strategie. Ma sul nulla. Ognuno sostiene di avere informazioni privilegiate, di aver sentito dire che…, di essere certo di…, ma la domanda è una sola: che succede se Berlusconi viene condannato? “Il Parlamento ne prenderebbe atto dichiarandolo decaduto”, allarga le braccia con fatalismo Vannino Chiti, il senatore del Pd. E poi?

Nessuno lo sa. Giorgio Napolitano è ancora in Trentino Alto Adige, e dalla sua villeggiatura di Bolzano arrivano messaggi tranquillizzanti, eppure ammonitori. “Nessuna conseguenza sul governo”, non fa che ripetere anche Enrico Letta in visita di stato ad Atene, e pure gli uomini più vicini al presidente della Repubblica si sbilanciano persino sulle inclinazioni della Cassazione, “sarà come la sentenza Andreotti”, dicono al Foglio, “un po’ così e un po’ cosà, i giudici sono sempre uguali, da Ponzio Pilato in avanti. Ci sarà un rinvio, vedrete”. Ma ancora ieri sera non era arrivata nessuna richiesta di rinvio dell’udienza da parte dei legali del Cavaliere, e dunque, salvo sorprese di questa mattina, tutto dovrebbe restare così come previsto. L’unica cosa sicura è che Napolitano intende tenere in piedi questa maggioranza e questo governo qualsiasi cosa accada, al Quirinale escludono che se le cose dovessero andare male, anzi malissimo, il capo dello stato possa favorire la nascita di una maggioranza diversa da quella Pd-Pdl-Scelta civica.

Ma Letta e Napolitano si preparano al botto, il governo presenterà un disegno di legge per la riforma elettorale, un testo che darà la prospettiva di un ritorno alle urne per il 2014 ma che pure potrebbe essere un paracadute nell’eventualità di un inciampo che preceda la data di scadenza preventivata sia dal Quirinale sia da Palazzo Chigi.  A vigilare resterebbe sempre Napolitano, qualsiasi cosa accada. Nel Palazzo presidenziale si sorride dei sussurri e delle voci, che si diffondono dai corridoi del Pd, quel mormorio che vorrebbe il capo dello stato pronto a dimettersi se maggioranza e governo dovessero avvitarsi in una crisi. Au contraire, tutto l’opposto, fanno sapere dal Quirinale. Il presidente resterebbe ben saldo lì dov’è, e se davvero qualcuno nel Pd in queste ore sta riflettendo sull’opportunità di far cadere il governo per rafforzare la leadership di Matteo Renzi, allora è bene che metta in conto di dover avere ancora a che fare con questo presidente della Repubblica, un Napolitano rabbuiato. Ma non ci sono soltanto le dinamiche politiche. “La condizione economica e finanziaria del paese non è per niente buona”, dice al Foglio un ministro del Pdl, “e la crisi temiamo si possa fare ancora più seria”. E insomma, se così fosse davvero, come ai tempi dell’emergenza sullo spread, sarebbe la tetra realtà, con le sue ombre paurose, a respingere le tentazioni esplosive della politica matta.

© - F.Q.di Salvatore Merlo   –   @SalvatoreMerlo 30/7

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata