Edipo a Cologno

Della dismisura (hybris) ovvero l’arte inconsapevole di Rep.

nel fare di Berlusconi un satiro espiatorio.

Una tragedia dei tempi nostri potrebbe chiamarsi “Edipo a Cologno”. A Cologno Monzese, s’intende, all’ombra della torre Mediaset. Perché hai voglia a ripetere la filastrocca delle tre i (Internet, impresa, inglese), per trovare il bandolo dell’attualità è sempre meglio aver fatto il liceo classico. Il 25 giugno, all’indomani della sentenza del processo Ruby, Ezio Mauro scriveva che sì, il verdetto riguarda concussione e prostituzione minorile, ma una legge non scritta e anteriore a ogni codice impone di condannare due colpe più grandi: l’abuso e la dismisura, dove quest’ultima è da intendersi “come cifra dell’eccesso di comando, grado supremo della sovranità carismatica”. Gli faceva eco Michele Serra dall’“Amaca”, censurando, in Berlusconi, “la complessiva, spaventevole dismisura nel suo rapporto con le leggi, con i limiti del potere, con i media, con le femmine (sic), con i soldi, con le questure, con la vecchiaia, con il calcio, con la calvizie e perfino con l’elemosina”. Veniva infine l’abiura di Lele Mora: “Dismisura, abuso di potere, degrado: è vero, vi è stato”.

Quella parola era già spuntata nel dialogo platonico-laterziano tra Mauro e Zagrebelsky, negli editoriali di Barbara Spinelli e di Carlo Galli, di Aldo Schiavone e di Paolo Flores d’Arcais. E’ la divisa di tutto un gruppo editoriale. Ma dov’è che l’avevo già sentita? Forse negli articoli di D’Avanzo, come dice Mauro? Non ce n’è menzione. Reminiscenze dei tempi di scuola: “La dismisura genera i tiranni: la dismisura, / se di molte cose si è riempita follemente, / non opportune e non convenienti, / salita su eccelsi dirupi, / subito precipita nell’abisso di necessità, / dove non ha saldo il piede”. Sofocle, “Edipo re”, secondo stasimo: è la “hybris” dei Greci, che si attira il castigo. Berlusconi, il barzellettiere, sarebbe dunque un eroe tragico? Un Penteo sbranato dalle tebane invasate da Dioniso? E l’uveite, una parodia della cecità di Edipo? Via, siamo seri, anzi: siamo seriosi. Da quel motto di Sofocle, “la dismisura genera i tiranni”, uno Zagrebelsky saprebbe trarre una lectio magistralis di quattro ore per la prossima Repubblica delle Idee. E’ vero che i tiranni sono smodati, ed è vero che Berlusconi ha una percezione assai annebbiata dei limiti (sarà l’uveite). Ma se di tragedia si tratta, allora dobbiamo esaminarne anche il rovescio; a costo di scoprire che l’“Edipo re” ha qualcosa da insegnare sull’antiberlusconismo ossessivo.

Perché si ha un bell’ironizzare sulla “hybris” di chi si crede unto dal Signore, se poi si tralascia il corollario: “Il re divino, purificatore e salvatore del suo popolo, si congiunge con il criminale macchiato che bisogna espellere come un ‘pharmakos’, un capro espiatorio, perché la città, ritornata pura, sia salva”. Così i grecisti Vernant e Vidal-Naquet in un vecchio saggio sulla duplicità di Edipo. E’ l’altra faccia del tragico ventennio. E allora proviamo a scriverlo, il nostro “Edipo a Cologno”. Il miasma della volgarità televisiva e del degrado antropologico tutto contamina e tutto insozza: è la nuova peste. E il focolaio si annida nel cuore stesso della Città, già che il Grande Untore siede nel palazzo reale. Larga parte della popolazione è irrimediabilmente sfigurata dal morbo, ma quei pochi rimasti incorrotti s’industriano per frenare l’epidemia scacciando il “pharmakos”. A differenza di Edipo, tuttavia, l’eroe di questa tragedia non ci pensa proprio a farsi esiliare a Cologno; anzi, neppure si ritiene infetto. Che fare, allora? Non c’è risposta (il manoscritto di questo pseudo-Sofocle s’interrompe sul più demenziale e tracotante degli espedienti: l’ineleggibilità).

Ecco, la dismisura del potere ha avuto il suo contraltare nella dismisura del furore di chi ha fatto di Berlusconi un capro espiatorio di tutti i mali, anzi un satiro espiatorio, un mostro antropologico, una lordura, una deformità. Ma la tragedia insegna che, accecati dalla simmetria distruttiva del loro gioco che tutto travolge (verità, decenza, ragione), i rivali finiscono per assomigliarsi fino all’indistinzione. Al punto che quasi non sappiamo più chi sia Dioniso e chi Penteo, chi Edipo e chi Tiresia, chi Berlusconi e chi De Benedetti.

© - F.Q.di Guido Vitiello

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