Mi stupisco del vostro stupore

Gli Stati Uniti tengono d’occhio l’euro e chi vuole l’austerity

Non esistono sulla scena internazionale potenze che non utilizzino l’intelligence anche nei confronti dei propri amici. Se lo Spiegel annuncia che gli Stati Uniti spiano mezza Europa non abbiamo di che stupirci: gli stati cercano sempre di sapere il più possibile sulle intenzioni dei loro interlocutori, perché i partner di oggi possono diventare i rivali di domani.

Ma se l’attenzione degli americani si concentra sulla Germania, sulle istituzioni europee che decidono dell’euro e sui paesi partigiani dell’austerity (tra cui l’Italia, un tempo), viene il dubbio che gli Stati Uniti stiano giocando una partita che riguarda il futuro ordine monetario internazionale, dove le tensioni con la Germania sono in primo piano. Esiste certamente una lettura benevola delle sconcertanti rivelazioni sulle attività spionistiche condotte dalla National Security Agency americana ai danni dell’Unione europea e di alcuni suoi stati membri. Chi l’abbraccia ha buon gioco a ricordare come non esistano sulla scena internazionale potenze che non utilizzino l’intelligence anche nei confronti dei propri amici. Gli stati cercano sempre di sapere il più possibile sulle intenzioni dei loro interlocutori, perché i partner di oggi possono diventare i rivali di domani. A questa interpretazione benigna se ne affianca però un’altra, più inquietante, che merita di essere descritta se non altro per poterne discutere apertamente le implicazioni. Al contrario di quanto si è cercato di far credere, lo spionaggio statunitense non sembra aver interessato soltanto i campi dell’antiterrorismo e dell’intelligence economica in senso lato, ma si sarebbe invece focalizzato sulla Germania e alcuni nodi cruciali del sistema di governance dell’Unione europea: in particolare, quelli responsabili della gestione dell’euro e della politica monetaria europea.

Ciò spiega perché le reazioni più forti a quanto sta affiorando siano proprio quelle della stampa e di gran parte del sistema politico tedesco. Se le indiscrezioni venissero confermate, la condotta dell’Nsa integrerebbe in effetti tutti gli estremi di una grave forma di ingerenza politico-strategica, dando forza a coloro che hanno intravisto nell’attrito con la Germania uno degli elementi distintivi della politica estera dell’Amministrazione Obama. Fioccheranno le smentite. Ma un fatto è certo: non è monitorando la Bce o il ministero delle Finanze a Berlino che si dà la caccia ai terroristi. Queste iniziative assumono invece un significato preciso se si fa riferimento alla battaglia in atto sul futuro ordine monetario internazionale. Non è un mistero che Washington consideri la centralità del dollaro nel sistema finanziario mondiale come un elemento decisivo della propria potenza politica. L’euro forte è stato percepito in certi ambienti d’oltreoceano come una minaccia paragonabile alla deriva della Germania verso Mosca, che stava conducendo alla firma di un accordo di partenariato strategico russo-tedesco al quale ben difficilmente la Nato sarebbe potuta sopravvivere come la conosciamo.

In questo scenario, a quanto pare, siamo entrati anche noi italiani. A dispetto della grande meraviglia che si è vista in questi giorni, non c’è nulla di cui sorprendersi: nella lotta tra americani e tedeschi, infatti, per un periodo importante l’Italia è stata con la Germania, partigiana del rigore monetario e del nuovo asse politico-energetico con la Russia. Di qui l’interesse nei nostri confronti, che persisterebbe insieme all’ambiguità di una politica estera tuttora insensibile alle tensioni tra Washington e Berlino. In queste circostanze, non stupisce che per capire meglio la situazione gli americani ci abbiano imbottito le ambasciate di cimici. Protesteremo, in una cornice ovviamente europea. Ma forse otterremmo di più con una maggiore chiarezza sulle nostre scelte di schieramento.

di Germano Dottori (Docente di Studi strategici alla Luiss-Guido Carli), 2/7 F.Q

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