Foglio I convertiti dei servizi
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Gli assassini del soldato a Londra avevano complici,
programmi di viaggi per il jihad, un imam radicale di riferimento e naturalmente erano conosciuti dall’MI5. Come Merah in Francia e i fratelli ceceni a Boston
Ieri fonti del governo britannico hanno confermato al Times di Londra che i due arrestati per l’uccisione in strada del soldato Lee Rigby erano conosciuti ai servizi segreti che si occupano della sicurezza interna (MI5). Uno dei due è stato identificato dai suoi ex compagni di scuola come Michael Adebolajo, 28 anni, con passaporto britannico e origini nigeriane, grazie al video in cui rivendica l’uccisione davanti al telefonino di un passante. Il secondo assassino è anche lui inglese con origini nigeriane secondo fonti di polizia, ma la sua identità non è ancora conosciuta. I nomi di entrambi compaiono in diverse “operazioni antiterrorismo del MI5 ma nessuno dei due era considerato una figura chiave nei piani di attentati indagati”. Il Times aggiunge che almeno uno dei due, Adebolajo, ha provato di recente a viaggiare all’estero per andare a combattere il jihad, ma non specifica la destinazione.
Il ministro dell’Interno, Theresa May, per ora non ha commentato. Il Daily Telegraph aggiunge che “uno degli aggressori è stato bloccato o arrestato l’anno scorso mentre era in viaggio per unirsi ad al Shabaab, in Somalia”. Simon Israel, giornalista di Channel 4 News, scrive su Twitter che secondo “fonti nella sicurezza” entrambi sono stati coinvolti in indagini negli ultimi otto anni (quindi a partire dal 2005, anno dell’ultimo grande attacco terroristico a Londra). Il Guardian dice che uno dei due stava per andare in Somalia, ma poi ha ricevuto una toccatina sulla spalla dai servizi, come a dire: “Sappiamo quello che hai in mente, non farlo”.
Come Mohammed Merah, lo stragista di Tolosa in Francia, e come i fratelli Tsarnaev, gli attentatori della maratona di Boston, anche i due di Woolwich erano già presenti nei file dei servizi di sicurezza ma erano considerati non pericolosi, e la somiglianza tra i casi fa pensare che questo tipo di classificazione non sia più affidabile. Seconda similitudine: in entrambi i dossier citati, Merah in Francia e i Tsarnaev in America, l’impressione iniziale di avere a che fare con cosiddetti “lupi solitari” – individui che combattono il jihad per scelta autonoma, senza appartenere a una rete – è stata poi smentita. Ieri Scotland Yard, che ha perquisito sei abitazioni a Londra e una a Lincoln ha annunciato l’arresto di due altre persone, un uomo e una donna, entrambi di 29 anni ed entrambi accusati di essere complici degli assassini.
Adebolajo era vicino a un gruppo islamista poi messo fuorilegge, al Muhajiroun, guidato dal predicatore Anjem Choudary, che approva pubblicamente gli attacchi dell’11 settembre e critica la politica estera britannica in Iraq e Afghanistan come un’aggressione militare all’islam a cui è legittimo rispondere. Già soltanto questa vicinanza può aver fatto finire Adebolajo in una lista di soggetti a rischio terrorismo compilata dalla polizia e dal MI5 in stretta collaborazione prima delle Olimpiadi del 2012. Secondo il Guardian, la lista contiene tra i 2.000 e i 3.000 nomi, “troppi per seguirli tutti”.
Il direttore fresco di nomina del MI5, Andrew Parker, comparirà davanti alla Commissione per Intelligence e sicurezza per spiegare se c’è stato un fallimento dei servizi. All’indomani degli attentati del 7 luglio 2005 l’intelligence britannica fu criticata con asprezza perché si venne a sapere che alcuni terroristi erano stati messi sotto sorveglianza, ma che in seguito l’operazione era stata abbandonata perché non sembravano rappresentare una minaccia seria. Per non ripetere il disastro ci fu un processo di revisione interna molto profondo, del MI5 e della Special Branch: furono aperti uffici regionali per espandere le operazioni di sorveglianza e furono stabilite nuove procedure per favorire gli scambi di informazioni tra le varie agenzie di sicurezza. Da allora quando un sospetto sembra non abbastanza importante per essere sorvegliato dal MI5 non è abbandonato del tutto, ma è passato alle attenzioni della Special Branch. Il meccanismo, però, sembra non avere funzionato di nuovo.
In generale, nonostante l’allarme semipermanente sul cosidetto Londonistan, l’enclave islamista che risiede su suolo inglese, da due anni l’allarme terrorismo è stato abbassato da “severe” a “substantial”. E’ vero che c’è preoccupazione per quell’ambiente – nel 2009 uscì la notizia che il 40 per cento delle operazioni di sorveglianza della Cia è in Inghilterra, un impegno massiccio dovuto soprattutto alla presenza della comunità musulmana asiatica e specialmente del Pakistan. Ed è vero che i genitori di Adebolajo hanno cambiato residenza, quando lui era adolescente, nella speranza di sottrarlo all’influenza negativa della zona est di Londra, dove lui si era convertito all’islam radicale. Ma secondo i dati del 2012 dell’ufficio statistiche dell’Home Office il numero delle persone arrestate per reati legati al terrorismo è in calo. 121 nel 2010/2011 dai 178 dell’anno precente, e contro la media annuale di 206 registrata dal 2002. Alla fine – secondo i dati del 2012 – 45 arrestati sono stati condannati e di questi 19 per terrorismo.
Un rapporto del think tank Rusi, tuttavia, segnala due tendenze che alzeranno il rischio terrorismo nei prossimi anni. La prima è il ritorno dei volontari del jihad da teatri di guerra che ormai sono troppo numerosi e lontani per essere sorvegliati tutti. E’ possibile filtrare chi arriva dal Pakistan, ma anche chi arriva da Somalia, Yemen e Nigeria? Secondo i dati del Rusi, un quarto dei volontari stranieri che combattono in Somalia a fianco del gruppo al Shabaab, legato ad al Qaida, ha passaporto britannico. Il ritorno a casa di questi individui, secondo il report, coinciderà con la prossima liberazione dei detenuti per terrorismo dell’ultima decade. Le sentenze non sono state pesanti: meno del 20 per cento dei condannati per terrorismo sta scontando l’ergastolo e soltanto un altro venti per cento ha preso più di dieci anni. La parte più ampia di loro – il 32 per cento – sta scontando o ha scontato condanne comprese tra gli otto mesi e i quattro anni.
di Daniele Raineri – @DanieleRaineri