Costituzione, democrazia e partiti

Dal Foglio lettere Al direttore - In questi giorni sono apparsi lampi

di verità che ci costringono a una riflessione dagli esiti imprevedibili: 1. La Cassazione ha detto che una legge incostituzionale ha consentito l’elezione di tre parlamenti non legittimati dalla Costituzione vigente. 2. La procura di Palermo con una ardita operazione vuole far sfilare i vertici dello stato dinanzi a un tribunale come testimoni per poterli coinvolgere nel processo della ipotizzata saldatura criminale tra Prima e Seconda Repubblica. 3.La pubblicazione di un libro “Una storia italiana” di Bellavite Pellegrini, mira a ricostruire, sulla base dell’agenda di Ciampi, il legame operoso tra pezzi dello stato e il capitalismo italiano, senza capitale e con molta fame.

Nel progetto di Costituzione elaborato dalla commissione dei 75 della Assemblea costituente, era incluso l’art. 50. “Ogni cittadino ha il dovere di essere fedele alla Repubblica, di osservarne la Costituzione e le leggi, di adempiere con disciplina e onore le funzioni che gli sono affidate. Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”. Questo articolo nell’approvazione finale della Carta (settembre-dicembre 1947) fu eliminato. Primo effetto della Guerra fredda.

Oggi il popolo non possiede l’arma costituzionale della ribellione. Ma per evitare che, comunque, se ne impossessi, il sistema politico sgangherato che abbiamo, vuol prendere coscienza di ciò che è accaduto intorno a noi? Il ministro della Riforme Gaetano Quagliariello potrebbe sottoporre ai partiti della coalizione una sua riflessione sul tema. Qualsiasi riforma, anche la più piccola, è obbligata a passare da questa strettoia. Fraterni saluti

Rino Formica, 22,5

Al direttore - Assemblea costituente, maggio 1947: il democristiano Costantino Mortati presenta un emendamento che sottopone il diritto dei cittadini di riunirsi liberamente in partiti alla condizione “che si uniformino al metodo democratico nell’organizzazione interna e nella azione diretta alla determinazione della politica nazionale”. Le ragioni dell’opposizione di tutti i partiti della sinistra (ma anche i liberali erano contrari) vengono così riassunte da Tristano Codignola: “Se passasse questo emendamento, noi verremmo a sopprimere una delle garanzie fondamentali della vita democratica del paese; in quanto trasferiremmo il giudizio sulla democraticità interna dei partiti dalla sede costituzionale alla sede politica, e cioè alla maggioranza parlamentare, che verrebbe in qualsiasi momento a disporre arbitrariamente dei poteri di intervenire nella vita democratica del paese e nella vita interna dei partiti”. Dopo le dichiarazioni di voto, Mortati ritirò l’emendamento e all’Assemblea passò il forte impianto garantistico dell’articolo 49. Beninteso, i tempi cambiano e il Pd può legittimamente avere un’opinione diversa dalla sinistra di allora; alla quale, però, non piaceva molto avventurarsi nei bassifondi dell’autolesionismo.

Michele Magno, 23,5

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