In Iran il voto non conta. Rafsanjani e Mashaei

esclusi dalla corsa elettorale. Polizia in strada

Il Consiglio dei Guardiani della Repubblica islamica d’Iran ha consegnato al ministero dell’Interno la lista dei candidati che potranno correre alle presidenziali del prossimo 14 giugno. Nelle maglie di una scrematura che si vuole democraticamente super partes, dice la tv di stato, sono finiti due dei leader di punta di questa corsa: il già presidente Akbar Hashemi Rafsanjani e Esfandiar Rahim Mashaei, consigliere dell’attuale presidente Ahmadinejad. Da qualche giorno correva voce che ci sarebbe stata questa bocciatura, alcuni uffici aperti dal team di Rafsanjani per fare questa fulminea campagna elettorale sono stati chiusi quando è arrivata la polizia. La Bbc persiana già ieri mattina diceva che lo Squalo era stato bocciato, mentre il portavoce del Consiglio dei Guardiani aveva dato voce alle perplessità del gruppo: come si fa a votare una persona che a causa dell’età può lavorare poche ore al giorno? Il riferimento era a Rafsanjani che compie 80 anni l’anno prossimo, ma visto che il capo del Consiglio, l’ayatollah Jannati, è del 1927, è piuttosto evidente che si tratta di un pretesto.

Così come un pretesto dev’essere quello che ha fatto escludere anche Mashaei, candidatosi all’ultimo momento presentandosi alla firma con Ahmadinejad, il quale non potrebbe sostenere apertamente nessuno, essendo in carica, e che invece ha fatto al solito lo sbruffone: “Di’ che sono in vacanza”, ha detto al suo Mashaei, ridendo alle telecamere. La rissa che ne è seguita dev’essere stata uno spasso per la Guida suprema, Ali Khamenei, che non ha ancora scelto chi vuole come presidente, ma pare non abbia dato il suo consenso alla candidatura di Rafsanjani, e di certo non ama Mashaei né vuole una successione guidata da Ahmadinejad.

Ora alcuni sostengono che Khamenei possa riammettere Rafsanjani alla corsa, con un grande gesto conciliatorio, per poi preferirgli qualcun altro, come già fece nel 2005 – in questo momento il gran favorito è Saeed Jalili, che noi occidentali conosciamo bene, essendo il capo dei negoziatori sulla questione del nucleare. Da giorni Jalili rilascia interviste a tutti ed è molto attivo (e poliglotta) sui social media. Resta da capire come reagirà il bazaar, che sostiene Rafsanjani: neppure Khamenei può prescindere da questa variabile. Comunque vada, il popolo iraniano ha già perso: il suo voto non conta, conterà chi controlla i bassiji, i pasdaran, la polizia antisommossa che già ieri girava minacciosa per Teheran, per la prima volta da più di un anno. F.Quotidiano, 22.5,  estero

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