BOLDRINI, IL SESSISMO E LA FESTA MIGNOTTOCRATICA

Quando era Mara Carfagna a dover stringere i denti col

sottinteso innominabile – e così recidere il Priapo – non ci fu autorità alcuna, né istituzionale, né culturale, a muoversi in difesa della dignità di una giovane signora. “Mara, stringi i denti” le dicevano dalle bacheche di Facebook e dagli altri social network. Il ministro più bello del mondo, così si disse di lei, doveva pagare il prezzo di calzare il tacco dodici e di avere nel curriculum un passato da show girl e perciò venne naturale e politico farle spallucce e dirle, suvvia bambola, paga pegno. Il presidente della Camera, l’on. Boldrini, in un’importante intervista concessa ieri a Repubblica lamenta di essere fatta oggetto di una violenza insultante per tramite di Web. Sono girati suoi improbabili topless e vari fotomontaggi. Sono porcherie proprie di quella fogna a cielo aperto qual è Internet, dove già altre donne prima di lei hanno subìto l’oscena messa in scena: il sessismo, quello che Boldrini oggi chiama in causa, non è arrivato oggi con lei, ma forse c’è da sempre, a maggior ragione per esercitarsi con Nicole Minetti – tra le più cliccate – e poi ancora con le amazzoni, le papi girl e “le ministre” di cui un icastico Paolo Guzzanti scrisse e disse: mignottocrazia. Fu fatta festa, a suo tempo, quando questa nuova parola entrò nel vocabolario. Adesso, ora che verosimilmente la mignottocrazia non c’è più, c’è il sessismo perché il problema non è la donna in Parlamento ma la geografia politica. Ciò che la destra deve tollerare la sinistra, va da sé, non può tollerare. E’ proprio una questione di genere.

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