Meglio Rodotà che niente,

ma il “colpaccio” per Grillo è tenere buoni i suoi

“L’arte della complessità è finita”, accenna Beppe Grillo in una piazza del Friuli. E’ lì per le elezioni regionali. Ma dai parlamentari romani è un continuo telefonare a lui e allo staff di Casaleggio. Sapere cosa fare, adesso. Sabbie mobili del Quirinale. E l’aria che tira Grillo l’ha percepita già dal famoso incontro di inizio aprile nel casolare di Villa Valente, fuori Fiumicino. Prima di tutto è essenziale tenere unito il gruppo che scricchiola. Un parlamentare ci confida che alle insistenti domande su un’eventuale mediazione tra Pd e Movimento per il presidente della Repubblica Grillo avrebbe risposto: “Se poi alla quarta votazione uscisse un Prodi… che vuoi che facciamo con il voto segreto?”, alludendo a un abboccamento. “Prodi, Rodotà o altri che consideriamo presentabili potrebbero fare la differenza per noi”, dice ancora il parlamentare.

Il sistema Grillo-Casaleggio sente il problema, le possibile spaccature tra gli eletti. E allora tenere unito il gruppo è prioritario. In questo senso è leggibile la tattica messa in moto. Prima individuare un nemico esterno (Bersani, Berlusconi, D’Alema, Amato). Poi proporre dei nomi di consenso per la grande massa degli elettori (Gabanelli, Rodotà) stanchi delle continue figuracce dei parlamentari e delle bizze del comico genovese. Infine passare all’azione con un fuoco concentrico di attacchi violenti e proposte che spacchino il Pd.

In pratica si tratta di un’operazione a specchio di quello che sta accadendo al Movimento. Prima mandano a quel paese il nemico (ancora quattro giorni fa Bersani, Monti e Berlusconi erano raffigurati su beppegrillo.it come tre golpisti). Poi trattano facendo proposte (la lista dei candidati alle Quirinarie). E appena qualcuno li prende in considerazione (i giovani del Pd) rimandano a quel paese il nemico, seduta stante, perché non c’è stato uno scatto immediato alle loro richieste. I nomi di Milena Gabanelli e Gino Strada, spuntati dalle Quirinarie del Movimento, non sono neanche stati presi in considerazione come proposte vere. “L’hanno capito anche i muri che i nostri candidati sono Rodotà o meglio ancora Prodi”, ci dice un parlamentare siciliano, indispettito dalle nostre domande. L’abboccamento di Grillo a Bersani è stato esplicito: “Vota Gabanelli per il Quirinale poi chissà”, alludendo a un governo possibile. E infine, poche ore dopo, l’attacco frontale: “Bersani ha ignorato i nomi proposti dal Movimento. Gargamella ha già deciso. Ha fatto le Berlusconarie. I votanti erano due: lui e lo psiconano durante un colloquio intimo”. I candidati di Pd e Pdl? Gli odiati “D’Alema e Amato”. In serata arriva l’attesa e annunciata rinuncia di Milena Gabanelli e Gino Strada, e invece “la candidatura di Stefano Rodotà che ha accettato. Sarà votato dal Movimento 5 stelle”. Pochi secondi, dopo Grillo, il rilancio di un altro sito della Casaleggio Associati, Cadoinpiedi.it, con una serie di elogi al giurista romano: “Riguardatevi quello che Rodotà disse in diretta tv ad Angelino Alfano”. E la promozione a caratteri cubitali del messaggio facebook della senatrice Pd Lucrezia Ricchiuti: “Io non voterò Amato. Non contribuirò al suicidio del mio partito. I dirigenti stanno sbagliando tutto”.

“Si può ancora puntare al colpaccio”, ci ripete un deputato grillino del centro-nord. “Un nome, quello di Rodotà, che serve a mettere in crisi il Pd con l’aiuto dei vendoliani”, ammette l’onorevole cittadino. “Ma chi? Rodotà? Fino a ieri neanche sapevamo chi fosse”, racconta un altro deputato del nord. “Sono deluso da come ci hanno lasciati a Roma, da soli, a fare figuracce”. Il gioco del duo Grillo-Casaleggio è chiaro. Ma andrebbe a segno solo se Bersani decidesse di mollare il dialogo col Pdl e forzasse la mano su un candidato del M5s. di Antonio Amorosi

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