Scomparse le registrazioni del processo sulla

Moby Prince»: La denuncia di Manfredi Lucibello, regista del film

"Centoquaranta-La strage dimenticata" in uscita a giugno

L'ultimo tassello di una strage dimenticata ma piena di morti, menzogne, strane coincidenze e misteri arriva a 22 anni esatti dalla tragedia che costò la vita di 140 persone. Nel giorno in cui anche il presidente del Senato Pietro Grasso chiede di avviare una commissione d'inchiesta sulle stragi irrisolte del nostro Paese.

«Il tribunale di Livorno non ha più le registrazioni audio del processo sulla Moby Prince, quelle che valgono a livello legale. Esistono le trascrizioni delle testimonianze ma non le registrazioni audio. Abbiamo fatto due richieste tramite avvocato per ottenerle, non ci hanno mai ufficialmente risposto ma ci hanno fatto capire che non ci sono. Scomparse»

Sono le parole di Manfredi Lucibello, giovane regista che da due anni lavora a Centoquaranta - La strage dimenticata, un film documentario prodotto da Roberto Ruini (Pulsemedia) in collaborazione con Toscana Film Commission in uscita a giugno prossimo e di cui Corriere.it anticipa un estratto.

LA RICOSTRUZIONE - Il film-documentario vuole ripercorrere la vicenda del traghetto Moby Prince che il 10 aprile 1991 si scontrò contro la petroliera Agip Abruzzo al largo del porto di Livorno: dalla collisione si sviluppò un incendio che causò la morte delle 140 persone a bordo (equipaggio e passeggeri) tranne il giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand, unico superstite della tragedia. Una storia fatta di depistaggi, manomissioni e stranezze che hanno portato all'assoluzione di tutti gli imputati lasciando i familiari delle vittime senza giustizia.

LA PARTITA - «Io sono nato nel 1984: fin da piccolo ho il ricordo di un incidente, di una cosa banale. Hanno sempre fatto passare l'idea che la causa della morte di 140 persone fosse stata la distrazione per una partita di calcio. Idea che nei giorni successivi alla tragedia fu molto alimentata dai media nazionali. Nel corso degli anni lo scenario è radicalmente cambiato, si sono susseguite inquietanti scoperte, alimentate da nuove prove. Dietro questo film ci sono stati due anni di ricerca, di colloqui con i familiari e di rilettura delle carte. Il film vuole raccontare sia la strage di quelle notte ma tutte le stragi avvenute dopo: non li hanno ammazzati solo una volta ma tante volte quei 140 a bordo».

VERITA' - Lei ha raggiunto una sua verità su quella tragedia? «Lo scopo del film non è di arrivare a una verità ma di mostrare come questa verità sia stata nascosta - dice Lucibello -. Tra le cose inedite ci sono ad esempio i video dei sopralluoghi del '92 e del '97: ogni volta che gli stessi periti tornano a bordo della nave bruciata - che rimase a lungo in banchina a Livorno - ci sono pezzi nuovi o pezzi mancanti, ogni volta c'è qualcosa che manca la volta dopo oppure che è stato sostituito, cose che appaiono o scompaiono, uno scandalo. Non è un film inchiesta che cerca di spiegare com'è andata ma un documentario che vuole mostra quanto mediocri siano state le ricerche, le indagini. Il film mette in fila le menzogne, i sabotaggi e tutto quello che c'è stato dietro».

RIAPRIRE IL CASO - Il Corriere della Sera pochi giorni fa ha pubblicato un articolo di Marco Imarisio dal titolo «Moby Prince, non fu errore umano»: parla della contro-inchiesta che ha fatto Angelo Chessa, il figlio di Ugo, il comandante della Moby che morì con la moglie in quella tragica notte. Lui sostiene che grazie alle nuove tecnologie è stato possibile fare delle ricostruzioni molto differenti da quelle ufficiali. Lei pensa che alla luce di tutto questo ci siano delle possibilità di riaprire questo caso? 

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