Ecco la Babele francese delle fedi nel cuore
- Dettagli
- Categoria: Firme
della banlieue parigina. Sorgerà alla periferia di Parigi la “prima città
multiculturale d’Europa”. Non è il primo conglomerato urbano simbolo delle difficili convivenze fra fedi diverse. Ma vuole essere il primo esperimento sociale e politico pianificato a tavolino per una “società multifaith”. Il sobborgo-dormitorio di Bussy-Saint-Georges, nell’Ile-de-France, a due passi da EuroDisney, è stato concepito per essere un modello di coesione abitativa senza eguali in Europa. Per questo è stata già definita la “Torre di Babele delle religioni”.
Un esperimento ideologico e urbanistico inteso come un modello per altre città europee e che consiste nella realizzazione di una serie di strutture religiose legate a diverse confessioni. Con la crescita dell’immigrazione, soprattutto islamica, la cittadina di Bussy-Saint-Georges è passata dai cinquecento abitanti alla fine degli anni Ottanta, quasi tutti cattolici, agli attuali 24 mila, quasi tutti asiatici e arabi.
Secondo le intenzioni del sindaco Hugues Rondeau, cattolico praticante, “è un piccolo miracolo che vuole fortemente sensibilizzare su aspetti quali la diversità e la convivenza religiosa”. Le parole chiavi di questa urbanizzazione saranno: “Condividere, iniziare, comprendere”. Bussy-Saint-Georges è stata in passato al centro di scontri nelle banlieue, le periferie calderone dell’integrazione. Da qui l’idea del progetto multiculturale. Il cuore di questa iniziativa è la “spianata delle religioni”, una specie di quartiere sacro dove sorgeranno una moschea, una sinagoga, una pagoda buddista e una chiesa. Per legge nessun edificio religioso dovrà svettare sugli altri, a rivendicare quella che il sindaco chiama “l’uguaglianza delle fedi”.
L’Unesco, l’agenzia dell’Onu per la cultura, ha premiato Bussy-Saint-Georges come “città del dialogo interreligioso”. E’ scettico il parroco della città, Pierrick Lemaître: “E’ importante che ogni religione abbia il proprio spazio, ma non è sufficiente avere questi edifici l’uno al fianco dell’altro perché le persone vivano assieme”. Contrario al progetto il partito di centrodestra Ump, che per bocca di Jacques Myard dice: “E’ un progetto utopistico e illusorio”.
Il progetto del municipio francese, che ricalca un esperimento simile in California, fa parte della cosiddetta nuova “architettura multiculturale”. Ne è un esempio l’edificio in costruzione a Petriplatz, nel centralissimo quartiere Mitte di Berlino, un progetto ecumenico unico in Europa: una moschea, una chiesa e una sinagoga saranno accolte sotto lo stesso tetto. L’edificio sorgerà, simbolicamente sulle macerie della vecchia chiesa di San Pietro. Lo chiamano “amalgama religioso”. In Olanda le ultime arrivate dell’architettura multiculturale sono le “case halal”, abitazioni islamicamente corrette e l’ultima frontiera del multiculturalismo dei Paesi Bassi. Dall’esterno gli appartamenti dei quartieri Bos e Lommer di Amsterdam sembrano anonimi caseggiati di periferia per giovani coppie. Ma all’interno, il municipio le ha concepite e restaurate per coppie musulmane religiose. Le sale da pranzo e le cucine, per esempio, prevedono la divisione tra uomini e donne, in modo da non generare “promiscuità sessuale”.
Gli ingegneri sociali francesi che hanno ideato la città di Bussy-Saint-Georges avevano in mente una parola d’ordine: laïcité, la versione ultrasecolarista francese della separazione di stato e chiesa. “Di fronte al municipio potete leggere le parole libertà, uguaglianza e fraternità”, ha scandito orgoglioso il sindaco, perché il progetto è in sintonia con il miglior spirito repubblicano. Il progetto si chiama “fattore di pace e di stabilità sociale”. L’imam della moschea parlerà francese, non arabo, e la moschea sarà aperta ai non islamici. Ma gli ebrei sono scettici sul progetto e finora per la sinagoga sono stati raccolti soltanto 130 mila euro, un quinto del necessario. “E’ una grande iniziativa che rafforzerà la convivenza”, ha detto Abdallah Zekri, presidente dell’Osservatorio francese sull’islamofobia. Non la pensano così molti abitanti in città, che interpellati dal New York Times dicono: “E’ una bomba a orologeria”. di Giulio Meotti, 8/4