La tentazione di Monti:
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pronto a guidare il Senato.
La Cancellieri diventerebbe presidente del Consiglio ad interim. FABIO MARTINI, la Stampa. ROMA .
Bersani sta cercando voti in tutti i settori e promette posti a tutti mettendo uno contro l’altro (parlamentarismo: no soldi ma cariche alla faccia delle compravendite berluschiane!!) (ndr)
Non se l’aspettava nessuno: si è proposto anche Mario Monti. A poche ore dall’inizio delle votazioni per i Presidenti delle due Camere, la «quadra» non si è ancora trovata anche per effetto di una sorpresa che ha spiazzato tutti: il presidente del Consiglio ha fatto sapere al Pd e al Pdl di essere disponibile per la presidenza del Senato. Una disponibilità che ha preso in contropiede gli sherpa che si stanno affannosamente aggirando nei Palazzi romani soprattutto per un motivo: una presidenza Monti a palazzo Madama era stata da scartata a priori da tutti per la più ovvia delle controindicazioni: Monti è presidente del Consiglio e dunque è logicamente e «fisicamente» impossibilitato ad assumere la presidenza del Senato. E qui è scattata la seconda sorpresa: secondo il parere di alcuni giuristi sarebbe possibile che il presidente del Consiglio, in carica per gli affari correnti, lasci l’interim della guida del governo ad un suo ministro, nel caso specifico Anna Maria Cancellieri, titolare dell’Interno. Una ipotesi che allenterebbe l’effetto rete di protezione garantito da una presidenza Monti e che, da quel che si sa, avrebbe suscitato una informale perplessità al Quirinale. Ma trattandosi di trattative sotto traccia, prive di qualsiasi formalità, per il momento non sono ricercati né richiesti pareri costituzionali né valutazioni istituzionali.
Ma la disponibilità di Monti è maturata anche per effetto di alcune «incursioni» in campo amico che il presidente del Consiglio non avrebbe gradito. Nel convulso affastellarsi delle trattative, nella navetta continua tra una Camera e l’altra, dal Pd sono arrivate offerte di presidenze a diversi esponenti dell’area Monti. Nel caso in cui, una presidenza fosse toccata a «Scelta civica» alla Camera, è stato ventilato che per quello scranno sarebbero stati graditi e votabili sia Lorenzo Dellai, esperto presidente della Provincia di Trento, sia Renato Balduzzi, attuale ministro della Salute. Mentre per quanto riguarda il Senato i nomi che da parte Pd si sono fatti correre sono quelli dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro e dell’ex ministro Linda Lanzillotta.
Molto reattivi davanti alla ipotesi Monti in queste ore sono anche i diretti interessati, i potenziali concorrenti. A cominciare dalla senatrice Anna Finocchiaro. In queste ore il vero epicentro del rompicapo è palazzo Madama. A Montecitorio i progressisti (Pd-Sel) vantano una solida maggioranza (345 seggi rispetto ai 316 necessari) e in qualsiasi momento possono decidere chi eleggere Presidente: il grillino Fico nel caso quasi impossibile di una intesa con il Cinque Stelle, il democratico Dario Franceschini nel caso si decidesse per l’autosufficienza. E per la Camera «bassa» proprio questa sembra al momento la soluzione più probabile, destinata a scattare quando si troverà una soluzione contestuale anche per il Senato. Franceschini resta il favorito anche per effetto di una novità maturata sotto traccia dentro il Pd : la rinascita di una forte area degli ex Popolari, tutti uniti nel sostenere la sua candidatura. Sia pure per una serie di interessi convergenti si è ricomposta la diaspora dei residui ex democristiani-popolari (Dario Franceschini, Enrico Letta, Rosy Bindi, Beppe Fioroni), uniti nel considerare sbagliata l’offerta della presidenza della Camera ad un esponente grillino. Certo, nessun ultimatum - i rapporti personali tra Franceschini e Bersani sono ottimi - ma la ricomposta area dei Popolari, forte di circa un centinaio di deputati, ha fatto capire al segretario che non sarebbe stata sicura una tenuta a scrutinio segreto.
Una forte deterrenza, un pericolo molto serio per un leader come Bersani, che ha sempre avuto un occhio di riguardo per la Ditta, per gli assetti e la tenuta del partito. A questa spina nel fianco si è aggiunta quella di Monti. Se la disponibilità del senatore a vita dovesse venir meno, a quel punto le carte tornerebbero a mischiarsi, con l’effetto di rimettere in gioco esponenti di ben tre partiti: Pd, Pdl e Scelta civica.