Il reddito minimo dai Gracchi a Grillo
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(passando per Friedman). Reddito di cittadinanza o imposta negativa sul
reddito? In pratica, sono la stessa cosa. Ma vista da sinistra e vista da destra, come avrebbe detto Giovannino Guareschi, anche se forse sarebbe più corretto dire: visto dagli statalisti, visto dai liberisti. Il reddito di cittadinanza è quel punto del programma del Movimento cinque stelle che prevede di dare 1.000 euro al mese a ogni cittadino. Bersani in campagna elettorale lo equiparò alla demagogia della restituzione dell’Imu di Berlusconi, ma ora potrebbe essere uno di quei “punti concreti” su cui Grillo sarebbe disposto a convergere. “Se Bersani vorrà proporre l’abolizione dei contributi pubblici ai partiti sin dalle ultime elezioni lo voteremo di slancio, se metterà in calendario il reddito di cittadinanza lo voteremo con passione”. Idee simili sono state proposte da guru del pensiero progressista come Bertrand Russell, Ernesto Rossi, il padre dell’ecologia politica André Gorz, i teorici del post marxismo Toni Negri e Michael Hardt, il leader dei Verdi finlandesi Osmo Soininvaara, il denunciatore della globalizzazione Guy Standing, il fondatore del Pt brasiliano (con Lula) Eduardo Suplicy, Martin Luther King, i Nobel per l’Economia James Tobin e Paul Samuelson, l’economista kennedyano John Kenneth Galbraith, e soprattutto Jeremy Rifkin. Quest’ultimo, soprattutto, dalle sue famose teorie sulla “fine del lavoro” ha dedotto che proprio il sempre minor bisogno di manodopera per la produzione impone la redistribuzione del reddito, per sostenere la domanda.
Ma anche Pino Rauti lo chiedeva, e andando più indietro c’è “Agrarian Justice”, pamphlet di Thomas Paine del 1797. All’alba di tutte le cose, nell’antica Roma ogni cittadino aveva diritto a un appezzamento di terreno che gli garantisse la sussistenza, e infatti l’attribuzione della cittadinanza era automaticamente accompagnata da un podere. Proprio il fatto che i campi dei contadini-soldati andavano in rovina durante le interminabili guerre della Roma repubblicana portò a quella questione agraria di cui furono alfieri i Gracchi, e che l’Impero risolse appunto sostituendo ai poderi il reddito minimo garantito delle frumentationes e dei panem et circenses: le famose distribuzioni gratuite di vivande e spettacoli, la cui sostenibilità era resa possibile dalle risorse cerealicole africane.
Imposta negativa sul reddito è invece il modo in cui la chiamano teorici del liberismo come Milton Friedman o Antonio Martino, collegandola all’idea di flat tax. Per loro si tratterebbe infatti di un’imposta personale sul reddito che, al di sotto di una determinata soglia di minimo imponibile si trasformerebbe in un sussidio, pari alla differenza tra il reddito standard minimo e il reddito famigliare effettivo. Così come per le frumentationes romane, il sussidio dovrebbe essere inferiore al reddito standard, così da disincentivare comportamenti parassitari. E la sostenibilità sarebbe garantita dal fatto che sostituirebbe ogni altra forma di assistenza sociale. Sebbene il termine che adopera sia quello “statalista”, in effetti l’uso che Grillo ne vorrebbe fare stando al suo blog è piuttosto simile alla proposta “liberista”. “Ogni mese lo stato deve pagare 19 milioni di pensioni e 4 milioni di stipendi pubblici. Questo peso è insostenibile, è un dato di fatto, lo status quo è insostenibile, è possibile alimentarlo solo con nuove tasse e con nuovo debito pubblico, i cui interessi sono pagati anch’essi dalle tasse. Una macchina infernale che va sostituita con un reddito di cittadinanza”. Forme di reddito di cittadinanza esistono in vari paesi europei: Belgio, Lussemburgo, Austria, Norvegia, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Francia. Si tratta però di somme inferiori alle proposte di Grillo, spesso integrate da sostegni per l’abitazione o la scuola. Diverso è il modello dell’Alaska: versa a ogni cittadino un’aliquota delle royalty petrolifere dello stato. Quotidiano, 4/3