La storia della attuale legge elettorale
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l Pd affossato da Ciampi. Il centro-destra non può che devotamente inchinarsi a
Silvio Berlusconi, per aver attuato una rimonta nella quale solo lui credeva. Dovrebbe, però, sia pure molto a posteriori, rendere un sentito grazie a un nemico dichiarato d'altri tempi, ossia Carlo Azeglio Ciampi. È per colpa o merito suo, secondo le letture, se il centro-sinistra si trova adesso in minoranza, quanto a seggi, a palazzo Madama.
Torniamo al convulso iter parlamentare del porcellum, voluto dalla maggioranza di centro-destra nell'autunno del 2005 con lo scopo precipuo di evitare la catastrofe, in termini di seggi, che sarebbe arrivata se fosse rimasto in vigore il mattarellum, con i collegi uninominali maggioritari. Dal Quirinale arrivò il no preventivo a un sistema che elargisse la maggioranza dei senatori alla coalizione che avesse ottenuto, su base nazionale, un voto in più del secondo arrivato.
Il motivo, proposto da qualche ascoltato consigliere giuridico costituzionale del presidente Ciampi, era questo: poiché la Costituzione prevede l'elezione del Senato «a base regionale» (art. 57), non si può assegnare un premio di maggioranza unico, computato su base nazionale. Molto controvoglia, il centro-destra si assoggettò agli ordini del Colle: Roberto Calderoli non manca mai di rammentare che, proprio per questa intrusione quirinalizia, egli battezzò «porcata» la riforma elettorale cui aveva dato forte contributo personale.
Da allora Pdl e Lega hanno sempre lamentato la mancata applicazione per il Senato del premio di maggioranza unico. Infatti, tra le modifiche del porcellum vanamente discusse qualche mese addietro al Senato c'era la soppressione dei premietti regionali con l'introduzione del premio unico.
Ebbene, se non fosse esistita la frammentazione del premio a palazzo Madama, che cosa sarebbe successo? Il premio di maggioranza sarebbe stato, analogamente alla Camera, pari al 55% dei seggi (Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige ed estero esclusi), vale a dire 166 seggi. Ergo, la coalizione capeggiata da Pier Luigi Bersani, prima arrivata al Senato col 31,6%, contro il 30,7% del centro-destra, si sarebbe portata a casa 166 seggi in luogo dei 116 adesso ottenuti.
Con gli altri seggi conquistati sotto il Brennero e Oltralpe, oggi Bersani disporrebbe tranquillamente di una solida maggioranza nelle due Camere, tale da consentirgli di conquistare palazzo Chigi, di tenersi i presidenti delle due Camere e di eleggere il capo dello Stato (dal quarto scrutinio).
L'intromissione, molto discutibile sul piano costituzionale, operata da Ciampi sul porcellum, se privò il centro-destra della maggioranza senatoriale nel 2006, oggi crea difficoltà indicibili al centro-sinistra. Chissà se Calderoli, Bersani e altri esponenti pidiellini e leghisti, doverosamente critici verso Ciampi per quella sua imposizione, non faranno un pensierino di ringraziamento, oggi. Di Cesare Maffi per Italia Oggi 27/2