Il Pdl perde 6 mln di voti in 5 anni. Il Pd 3,5
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Se, anziché riferirci alle percentuali ottenute o ai seggi riportati, guardiamo ai voti
in assoluto, cioè ai numeri crudi ottenuti dai partiti, c'è da restare sbalorditi. Prendiamo come base i dati della Camera, nel territorio nazionale. Ebbene, nel 2008 il Pd aveva quasi 12.100.000 voti; stavolta si è fermato a 8.640.000. Ciò significa che il partito di Pier Luigi Bersani ha perso, nelle urne, quasi tre milioni e mezzo di voti, pressappoco quanto perduto dal centro-sinistra, considerando le due diverse alleanze nel 2008 e nel 2013.
Un tracollo, certo, ma che rischia di apparire perfino di scarso rilievo se raffrontato con quanto successo nell'altro fronte. Il Pdl è precipitato da 13.630.000 voti e 7.333.000: vale a dire che fra una politica e l'altra ben oltre sei milioni (sei milioni!) d'italiani hanno abbandonato il Cav. La Lega si è più che dimezzata, perdendo più di 1.600.000 seguaci. Nell'insieme, il centro-destra registra una perdita superiore ai sette milioni di voti.
Queste cifre milionarie non hanno bisogno di molti commenti: parlano da sole. A indicare la ribellione (come definirla altrimenti?) degli elettori stanno alcuni numeri. Gli astenuti, domenica e lunedì, sono stati la bellezza di undici milioni e 600mila. Bianche e nulle hanno sfiorato quota 1.300.000. Il Movimento 5Stelle, primo partito, ha veleggiato verso 8.700.000 voti. Mettiamo insieme questo campionario di rivoltosi contro la classe politica, i partiti, la casta, e potremmo dire contro le istituzioni medesime: siamo ampiamente sopra i ventuno milioni e mezzo. La somma è impropria, ma espone chiaramente un fatto: più di venti milioni di connazionali non ne vogliono sapere di uomini e partiti finora dominanti. Di Marco Bertoncini per Italia Oggi, 27/2