Electrolux, riceviamo e pubblichiamo
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Il bel libro autobiografico del Sen. Castro ex dirigente Zanussi e Electrolux che si
legge volentieri e che arriva a pallino. In particolare il capitolo che riguarda la Zanussi e Electrolux. Tanti sforzi e organismi interni per favorire un sempre maggior dialogo fra Direzione e Sindacati con l’obiettivo di creare una azienda moderna, che remunera sempre meglio il dipendente, il tutto sorretto da una filosofia sui rapporti di lavoro diversa fuori dal solito operare.
Nonostante questo siamo arrivati alla deprimente situazione attuale: diminuzione dell’organico e la preoccupazione del sindacato di garantire “la solidarietà” fra chi rimane e finanziata dallo Stato e non quella di creare nuovi posti di lavoro. Il contendere è sempre quella posizione della Fiom CGIL che non accetta il concetto, oggi più che mai premente, di creare maggior produttività, di premiare il merito, di dare motivazioni ai dipendenti per lavorare sempre meglio. Il concetto Marchionne insomma.
Si chiede alla azienda un impegno a non delocalizzare offrendo sempre le contropartite solite, l’invito alla proprietà di investire di più, prodotti nuovi ( e la produttività, il ritorno?) senza tener conto che il “lavoro si può anche perdere” e che lo Stato non può essere sempre l’ultima risorsa per mantenere il posto di lavoro e finanziarlo-.
Si accorderanno, la disponibilità della Direzione ad accontentare lo spirito di solidarietà sindacale è sempre stato presente, per le 6 ore e poi per le 4 e poi… ognuno per la sua strada. Il disastro.
Il sindacato ideologico presente ha radici lontane. Mi ha colpito quanto scritto a pag. 73/74 . “ ..stabilimenti del Gruppo fossero contaminati dalla presenza attiva, se non di cellule organizzate, almeno di elementi affiliati alla organizzazione neo-brigatista. …. Sono dolorosamente convinto che negli anni 80 fosse stato stipulato un patto , segreto o implicito, non so dire, tra la dirigenza di allora e le formazioni eversive, funzionale ad escludere da una parte attacchi ai dirigenti… e dall’altra controlli incisivi sui soggetti eversivi interni.” Per me una novità.
Oggi non è più così ma una cultura della contrapposizione che guarda solo da una angolatura la realtà in cui oggi dobbiamo operare, vive. E come strumento lo sciopero anche “solidale” con altre situazioni aziendali. Non so come si faccia a non capire che uno fa il suo dovere pur in catena, sia pagato come quello che lavora per fare 8 ore e poi andare a casa. Sento spesso dire da dipendenti anche di altre realtà: io lavoro e faccio 200, l’altro fa 50 ma a fine mese prendiamo la stessa paga.
Dobbiamo rimboccarci le maniche come 20 anni fa hanno fatto i nostri padri per ricreare ricchezza.
Parere di un cittadino, 22/2