Indagini per ingenui
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Per chiudere i contratti petroliferi devi pagare. Dov’è la novità?
Le investigazioni sul management di Saipem e, ancora di più, quelle sul vertice dell’Eni nella persona del suo amministratore delegato, Paolo Scaroni, mostrano quanta ingenuità, o forse semplicismo, ci sia in questa procedura giudiziaria. Supporre che si possano effettuare contratti di miliardi nel settore petrolifero in uno stato come l’Algeria (e altri paesi africani) senza che ci sia un “extra” da pagare a soggetti determinati, secondo regole stabilite dalla prassi locale – quando non addirittura da capitolati para legali – è molto ingenuo.
Se una società accetta questi canali – senza i quali il contratto non può essere concluso – si può semmai sostenere che vi è una concussione, non una corruzione. Ma va anche aggiunto che le intermediazioni di percentuali limitate non sono necessariamente “tangenti”. Nel caso di Saipem, la presunta “tangente” ammonta 100 milioni di euro, una cifra in sé certamente importante, ma che è appena l’1,7 per cento del valore complessivo del contratto oggetto della gara, che è di 11,3 miliardi. Percentuali di questa entità possono riguardare vere intermediazioni e consulenze, non solo in questo campo e non solo nei paesi mediorientali e africani ricchi di petrolio, ma anche in Italia. E’ anche arbitrario immaginare che chi dirige un gruppo petrolifero multinazionale, mediante una holding, gestisca i rapporti operativi che riguardano le trattative contrattuali delle società del gruppo, anziché curarne precisamente le linee generali di azione. Scaroni ha detto a Repubblica che il proprietario della società di intermediazione, Farid Noureddine Bedjaoui, gli è stato presentato come un alto funzionario del governo algerino e l’ha visto una sola volta (su questo fatto che si concentrano le indagini). D’altra parte Saipem – di cui l’Eni non ha la maggioranza assoluta dell’azionariato – non opera solo per la capo gruppo, ma anche e per compagnie petrolifere estranee al gruppo, da cui trae la quota maggiore del suo fatturato. E’ pertanto da supporre che adotti codici di condotta non riguardano solo Eni ma anche agli altri suoi committenti. Perché l’Italia dovrebbe distinguersi in questa campagna che lede l’immagine del governo dell’Algeria e offusca i reciproci rapporti? Il Foglio, 9/2