USA, rivoluzione liberal - Atto I
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L’immigrazione secondo Obama è un piano senza ostacoli, Gop compreso.
Il presidente introduce nuovi ingredienti di sinistra nella bozza bipartisan sponsorizzata dal “dissidente” Rubio
New York. Barack Obama ha annunciato la sua rivoluzione liberal sui gradini del Campidoglio il giorno dell’insediamento e ha iniziato a praticarla ieri a Las Vegas, dove ha spiegato i principi fondamentali di una riforma dell’immigrazione che incorpora tutte le controversie politiche di Washington. Il progetto del presidente supera a sinistra le linee guida presentate lunedì da una commissione bipartisan del Senato, la “gang of eight” guidata a destra da John McCain e Marco Rubio e a sinistra da Chuck Schumer e Dick Durbin. Obama ha aggiunto a quella miscela condivisa un ingrediente che ne cambia il sapore. La strada che porterà gli undici milioni di immigrati clandestini attualmente negli Stati Uniti alla cittadinanza dev’essere dritta e sgombra da ostacoli, non tortuosa e prudente come vorrebbero i repubblicani. In una mossa il presidente ha cercato di trasformare un accordo bipartisan “incoraggiante” in una rivoluzione liberal. L’enfasi obamiana sulla regolarizzazione rapida e “straightforward” è indigesta per il Partito repubblicano, che ha aperto a una riforma sull’immigrazione anche per mettere una pezza sugli squilibri demografici che lo penalizzano alle elezioni. Il Gop non può permettersi di alimentare l’immagine di partito ostile all’immigrazione, soprattutto da parte degli ispanici, il settanta per cento dei quali ha votato per Obama, ma allo stesso tempo ha bisogno delle garanzie ottenute nello scambio fra senatori e subito censurate da Obama: controlli severi sul confine, uno status legale intermedio per chi paga una multa e le tasse arretrate, un percorso prudente e tortuoso per chi arriva negli Stati Uniti, tolleranza zero per chi ha la fedina penale sporca. La destra deve procedere cautamente sulla linea che divide l’apertura responsabile delle frontiere dall’amnistia.
Rubio, il trascinatore della svolta repubblicana sull’immigrazione, non sosterrà “nessuna legge che non comprenderà anche la questione del controllo dei confini” e nel balletto politico della destra lo speaker della Camera, John Boehner, ha evitato di pronunciarsi perfino sul framework emerso al Senato, e ha lasciato a Paul Ryan il compito di esprimere una moderata simpatia verso i principi fondamentali. Ma la strada che congiunge le linee guida e la legge è lunga, e Obama lo sa. L’introduzione di elementi nuovi nel contesto della legge sull’immigrazione rende più difficile per i repubblicani accettare la proposta e raffredda i tepori bipartisan di cui i repubblicani hanno bisogno per scrollarsi di dosso l’etichetta di partito ostruzionista e ostile a ogni compromesso. Tanto che un editoriale del Wall Street Journal e una column di Michael Gerson sul Washington Post hanno esplicitato il dilemma squisitamente politico: Obama vuole davvero una riforma sull’immigrazione o sta cercando di alzare l’asticella delle richieste liberal per condurre gli avversari verso un altro fallimento? A Las Vegas il presidente ha varcato una soglia politica oltre la quale i repubblicani non lo possono seguire senza far infuriare la base e, a differenza degli avversari, Obama non teme le contraddizioni. Nel 2007 si è opposto alla riforma dell’immigrazione proposta da Bush cedendo al ricatto dei sindacati che non volevano regolarizzare milioni di lavoratori che non avrebbero pagato le quote. In quattro anni ha rimpatriato un milione e mezzo di immigrati contro i due milioni cacciati da Bush in due mandati. Ma senza una nuova elezione di fronte, Obama è in posizione di forza: riformare l’immigrazione – questo è il suo messaggio – risponde ai criteri di parità e uguaglianza che sono al cuore della rivoluzione liberal; e conviene. Alcuni economisti, come Raúl Hinojosa-Ojeda dell’Ucla, dicono che la regolarizzazione dei clandestini aumenterà il pil dello 0,8 per cento l’anno per il prossimo decennio. A Obama basta valorizzare dati come questi e omettere le enormi spese per l’estensione dell’Obamacare agli ex clandestini per far apparire la sua rivoluzione il massimo della ragionevolezza e tutto il resto ostruzionismo pazzo e repubblicano.
© - FOGLIO QUOTIDIANO di Mattia Ferraresi – @mattiaferraresi