Chi è l’Herr Grillo ultra liberista
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alla guida delle grandi aziende tedeschi. Che cosa cambia in Germania con
la nomina dell’imprenditore di origini italiane alla testa della Confindustria
Berlino. Noto in Europa per i colori della sua squadra di calcio, il quartiere di Schalke è senz’altro meno conosciuto per aver messo a disposizione la sua fortuna di importante polo industriale a una famiglia di imprenditori di origini italiane. A fine Ottocento furono infatti i fratelli Friedrich e Wilhelm Grillo, i cui avi erano fuggiti all’inizio del Seicento dalla Valtellina per via della violenta repressione anti protestante, a fare della periferia di Gelsenkirchen (nella Germania occidentale) un’area ad alta intensità estrattiva di carbone e di lavorazione dello zinco. Oggi una “Via Grillo” è presente in quasi tutte le città della Ruhr, da Duisburg ad Essen fino a Bochum. Com’era d’uso per una grande famiglia di capitalisti illuminati, i Grillo non contribuirono soltanto a impiegare migliaia di operai, ma realizzarono anche scuole, ospedali, altre infrastrutture pubbliche. Più di un secolo dopo, con milleseicento dipendenti e un fatturato di circa seicento milioni di euro, i Grillo-Werke Ag, gli stabilimenti chimici e metallurgici del gruppo, sono sempre lì. A guidare l’impresa di famiglia ci sono ora i cugini Gabriela e Ulrich, discendenti di Wilhelm. E oggi, come allora, i Grillo sono molto amati e rispettati dalla cittadinanza. Dieter Lieske, rappresentante di fabbrica di IG-Metall, il sindacato tedesco dei metalmeccanici, ne loda la disponibilità al dialogo con il personale. E questo a dispetto del suo nome, sul quale Ulrich ironizza apertamente. In Germania, infatti, secondo un’espressione dell’ex ministro del Lavoro socialdemocratico Franz Müntefering, i capitalisti più rapaci sono “heuschrecken”, ossia cavallette. “Noi ci siamo sempre presi cura anche della società e vogliamo continuare a farlo”, dice Ulrich Grillo. Chissà se il giudizio dei suoi dipendenti rimarrà invariato, anche dopo che, nel gennaio di quest’anno, il cinquantatreenne Ulrich è diventato presidente della Confindustria tedesca (Bdi). Si tratta di un riconoscimento prestigioso per un imprenditore delle medie imprese tedesche, che nell’associazione confederale aveva ricoperto il ruolo di vicepresidente e di responsabile della politica sulle materie prime.. Che la scelta sia ricaduta proprio su di lui, titolare di un’azienda a conduzione familiare, potrebbe essere spia della direzione che prenderanno gli industriali nel prossimo triennio. Qualche anticipazione l’ha data lo stesso Grillo nella sua conversazione con la Frankfurter Allgemeine Zeitung di domenica scorsa: ha difeso l’impegno della cancelliera, Angela Merkel, nel contrasto all’eurocrisi, ha speso parole di apprezzamento per l’orientamento pro mercato del partito liberale e ha attaccato i programmi di socialdemocratici ed ecologisti che prevedono patrimoniale e misure anti liberalizzazioni. Insomma, un carattere non proprio paragonabile a quello della leadership attuale della nostra Confindustria, alle prese con una spaccatura del fronte datoriale, con alcuni spezzoni di Viale dell’Astronomia, oltre ai più piccoli di Rete Imprese Italia, che imputano poco coraggio sul fronte del taglio della spesa pubblica (al punto che non si escludono aumenti di tasse nemmeno nel manifesto confindustriale per le prossime elezioni). Grande attenzione è poi rivolta da Grillo al processo di riconversione energetica che il paese sta affrontando, dopo la scelta di abbandonare il nucleare. “Se la Germania ha bisogno dell’industria, dobbiamo essere aperti alla tecnologia, invece di renderla impossibile per via politica”, spiega, riferendosi ai veti degli ecologisti sugli impianti di nuova generazione a carbone e a gas che potrebbero evitare un rialzo dei prezzi energetici. Ricorrente nell’intervista è infine il buon esempio dato dalla sua impresa in fatto di politiche sociali, di genere e ambientali. Come dire, non c’è bisogno dell’intervento dello stato, se gli imprenditori sanno fare il loro mestiere. Insomma, Grillo pare voler seguire le orme del predecessore filogovernativo Hans-Peter Keitel. E questo nonostante il suo status di titolare di un’impresa a conduzione familiare. L’associazione ad hoc che ne raggruppa circa cinquemila, esterna alla Bdi, è infatti tra le più intransigenti avversarie delle politiche di salvataggio della Merkel. Grillo invece mantiene un profilo basso, difende l’autonomia della contrattazione collettiva, ma apre a una proposta un po’ “grillina”: il tetto alle retribuzioni dei manager.
di Giovanni Boggero, il F.