Lo stato non è una ong
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La lodabile carità dei privati sui migranti, e i compiti dei governi
di Redazione | 08 Marzo 2016 ore 18:24
L’organizzazione non governativa (ong) Medici senza frontiere ha costruito, a proprie spese, una struttura in cui accogliere gli immigrati accampati nella località francese di Calais e bloccati lì da settimane nel tentativo di raggiungere la sponda meridionale del Regno Unito. La Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia e la Tavola valdese hanno organizzato un ponte aereo per portare a Roma 24 famiglie siriane (93 persone), accolte peraltro dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Si tratta di gesti caritatevoli lodabili, non c’è che dire. Ma è decisamente fuorviante affermare – col ditino alzato – che queste ong svolgono, in maniera più efficace e tempestiva, i compiti che dovrebbero svolgere l’Europa e gli stati sovrani che la compongono.
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Certo è che da mesi, leggendo le dichiarazioni di molti politici e commentatori di primo piano, si sarebbe legittimamente portati a ritenere che proprio questo dev’essere il compito di uno stato nazionale: gestire al meglio l’accoglienza di nuovi arrivati, richiedenti asilo o migranti economici che siano. Non è così. La carità verso il prossimo non può essere l’unica direttrice di una politica migratoria di uno stato democratico occidentale. Lo diventa però in un’Europa in completa ritirata intellettuale, culturale e strategica dalla gestione di tutto ciò che accade fuori dalle sue frontiere esterne. Perfino dal discorso pubblico di Angela Merkel, la potente e solitamente responsabile cancelliera tedesca, emerge la presunzione di poter gestire le crisi ai nostri confini svuotandole con il cucchiaino dell’accoglienza. Una scelta che potrà generare forme di autocompiacimento in parti del nostro establishment, ma rimarrà nei fatti – e per gli stessi potenziali immigrati – quello che è: una non soluzione.
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