Varoufakis lancia il suo Diem 2025, l'Italia è scettica

Varoufakis presenta un movimento 'paneuropeo'. Che rischia di rompere più che di unire la sinistra italiana. Fassina è con lui, D'Attorre e Ferrero frenano.

di Francesco Pacifico | 18 Gennaio 2016, lettera43

Yanis Varoufakis si è dato 10 anni per conquistare l'Unione europea, distruggerla e ricostruire l’Europa.

Ma potrebbe bastargli molto meno per polverizzare quella galassia composita che è la sinistra radicale del Vecchio Continente

APPUNTAMENTO A BERLINO. L’ex ministro delle Finanze della Grecia ha in programma il 9 febbraio 2016 a Berlino - a casa del nemico - la presentazione del suo movimento “paneuropeo” Diem 2025 (The Democracy in Europe Movement 2025).

L'evento è organizzato al Volksbühne.

E posto più evocativo non si poteva scegliere: in tedesco vuol dire “Teatro del Popolo”, è il luogo deputato alla rappresentazione degli autori più alternativi e underground, situato in piazza Rosa Luxemburg...

RIPRENDERE IL PERCORSO DEL 2014. L’idea di Varoufakis è quella di riprendere il percorso iniziato con l’ex sodale Alexis Tsipras alle Europee del 2014, quando una lista con il nome del premier greco aveva fatto da brand a tutte le sinistre radicali europee.

Ma stavolta c’è il rischio di rompere più che di unire.

Non poco imbarazzo nella lista Tsipras italiana

Basta nominare l’ex ministro tra i maggiori esponenti di quello che rimane della lista Tsipras italiana per raccogliere non poco imbarazzo.

Varoufakis è stato invitato dal suo amico Stefano Fassina alla convention che dovrebbe dare il via all’esperienza di Sinistra italiana.

L'ex vice ministro rottamato da Matteo Renzi non avrebbe ben chiaro cosa ha mente l'esponente greco.

CON QUALE PIATTAFORMA? Intanto il numero due del movimento, l’ex Partito democratico Alfredo D’Attorre, ha confermato: «Veramente non sappiamo ancora quale sia la sua piattaforma. Noi andiamo avanti lavorando con Tsipras in Grecia, Podemos in Spagna, con Corbyn in Gran Bretagna e Lafontaine e la Linke in Germania».

«NIENTE REGALI A SHÄUBLE». Se l’economista Alfonso Gianni, ancora oggi molto vicino a Fausto Bertinotti, ipotizza che a Varoufakis possono guardare «tutti i gruppi minoritari anti-Tsipras o anti-euro», Paolo Ferrero, leader di Rifondazione comunista, non fatica a segnare uno spartiacque.

«Anche nel mio partito», dice, «c’è chi chiede di uscire dalla moneta unica, ma fare come l’ex ministro delle Finanze, che nei giorni della crisi propugnava l’abbandono dell’euro, vuol dire soltanto fare un piacere a Schäuble e alla Germania. La parola d’ordine, casomai, deve essere “disobbedienza dei trattati”».

Il cosiddetto piano B per l'Europa firmato nel 2015

Varoufakis a febbraio 2015 ha firmato il cosiddetto Piano B per l’Europa lanciato dall’eurodeputato Jean-Luc Mélenchon.

Con lui Fassina, il leader della Linke ed ex grande avversario di Gerard Schröder, Oskar Lafontaine, e Zoe Konstantopoulou, presidente del parlamento greco e fuoriuscita da Syriza.

VALUTE PARALLELE. Nel testo - un vero manifesto per la sinistra alternativa - si preannunciano «l’introduzione di sistemi di pagamento paralleli, valute parallele, digitalizzazione delle transazioni, sistemi di scambio complementari community based, fino all'uscita dall'euro e la sua trasformazione da moneta unica in moneta comune».

Sinistra europea, il contenitore dei partiti antagonisti, ha una posizione diversa: chiede invece la non applicazione degli accordi (come il Fiscal compact) che hanno introdotto le più strenue politiche di rigore negli anni della crisi.

Non l’uscita dall’euro.

MAGGIORE FLESSIBILITÀ. Tradotto: la flessibilità sul rapporto deficit/Pil i singoli Paesi non devono farsela autorizzare dalla Commissione, ma prendersela, deciderla liberamente.

Sempre per la cronaca, il 23 gennaio questo rassemblement si vede a Parigi: in teoria si dovrebbe presentare una proposta di riforma delle istituzioni europee molto articolata, in pratica è previsto l'annuncio di un grande raduno dell'area a giugno.

Per questo sono in molti a chiedersi chi ci sarà e di che cosa si discuterà il 9 febbraio a Berlino.

Sicuramente Varoufakis ha “assoldato” Ada Colau, il sindaco di Barcellona di Podemos, che però è un partito pro euro e vuole uscire dalla crisi aumentando gli investimenti pubblici e ristrutturando il debito sovrano.

Ma sullo stesso palco sale anche Lafontaine, che invece guarda alla fine dell’euro e come l’arcinemico Wolfgang Schäuble auspicava per la Grecia il ritorno alla dracma.

POCA CHIAREZZA. In quest’ottica non aiuta a fare chiarezza neppure lo stesso ex ministro ellenico.

«Lancerò all’inizio di febbraio», ha spiegato in un’intervista a l’Espresso, «un movimento paneuropeo con un unico obiettivo, radicale: democratizzare la Ue».

Per poi promettere che regole e contenuti saranno decisi in seguito, «da chi ci sta».

BAGNAI: «TEMPO PERSO». Chiosa Alberto Bagnai, uno degli economisti a livello europeo più ascoltati nel fronte no euro e tra i primi a prevedere il ritorno della Troika ad Atene: «Se Tsipras si è mosso come il commissario liquidatore della Grecia, Varoufakis è semplicemente un politico che punta a un’altra chance a casa sua. Io non ci perderei nemmeno tempo. In fondo il problema non è nemmeno lui: è il cosiddetto altro europeismo, pericolosissimo, perché è una sinistra che ha tradito il suo elettorato. E lo ha fatto finendo per accettare un progetto di Europa, che, dalle sue origini, ha come vero obiettivo la contrazione dei salari».

Categoria Estero

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