"La Turchia non bombarda l'Isis. Ma tutta la coalizione è ambigua"
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Dalla guerra in Siria alle tensioni in Libia, l'ex ministro degli Esteri analizza gli ultimi sviluppi in Medio Oriente
Marco Maisano - Lun, 18/01/2016 - 08:43 Giornale
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L’ex ministro degli Esteri Emma Bonino si trova al momento in Oman per perfezionare la lingua araba ed incontrare personalità politiche della regione. Raggiunta da ilgiornale.it fornisce un’analisi dettagliata degli ultimi sviluppi in Medio Oriente.
Il ministro degli Esteri Emma Bonino
Onorevole Bonino, secondo lei la posizione della Turchia è cambiata dopo quanto è successo a Istanbul?
"Non so cosa Istanbul voglia dimostrare. Quello che è certo è che in Turchia c’è una presenza piuttosto radicata di estremisti. Inoltre la Turchia fin da subito ha dimostrato di essere più aggressiva con i curdi del PKK piuttosto che con l’Isis ed è stata accusata con tanto di prove di avere lasciato passare sul proprio territorio decine di migliaia di estremisti. Può darsi che l’attentato possa portare Ankara ad un ripensamento. Ma comunque se seguiamo la cronaca c’è un attentato al giorno: Pakistan, Camerun, Indonesia. Il problema è capire a medio termine come si vuole intervenire, ma ricordiamoci che nessuno ha una soluzione miracolosa."
Ma la Turchia continua a tenere una posizione ambigua…
"Capisco, ma se vogliamo fare l’elenco delle ambiguità la lista è lunga, dalle monarchie del Golfo ad improbabili alleati dell’Arabia Saudita. Quindi se parliamo di ambiguità la Turchia non è sola, perché l’intera coalizione internazionale impegnata nella lotto all’Isis lo è. Ognuno all’interno di quell’alleanza di più di sessanta paesi ha i propri interessi ed ognuno i propri obbiettivi che spesso sono in contrasto tra di loro. Si è poi aggiunta l’escalation tra Arabia Saudita e Iran, quindi tra sciiti e sunniti. Se poi prende appunto l’Arabia Saudita che tenta di dare vita ad una coalizione sunnita contro l’Isis con paesi che non sanno neppure di farne parte… Insomma, questa escalation ha reso le cose ancora più complicate; un duro colpo ai negoziati già fragili di Vienna. Spero che la diplomazia possa riuscire a proseguire il processo iniziato a Vienna per stabilizzare la Siria che al momento è il problema numero uno e fonte di enormi drammi umani. Di soluzioni militari non ne vedo e credo non ne veda più nessuno."
Però la Russia bombarda ormai da un bel po' in Siria…
"Ma guardi che quella non è considerata una soluzione militare, che al contrario vuol dire 'boot on the ground' e per il momento nessuno intende mettere piede in Siria. Di errori in passato a causa di scelte avventate ne abbiamo fatti anche troppi. Prima di ogni azione è bene sapere chi sono gli avversari e chi sono gli alleati e guardi che in Siria questo non è chiaro neppure agli attori regionali, si figuri se può esserlo a noi."
Onorevole, ma noi nel frattempo come ci teniamo al riparo da eventuali attacchi terroristici?
"Guardi, possiamo anche mettere un poliziotto accanto ad ogni cittadino e cercare di stanare i singoli estremisti facendo un grosso lavoro di intelligence, ma il problema rimane. La verità è c’è bisogno di un lavoro a medio termine e su larga scala."
È un caso se l’Italia non ha ancora conosciuto direttamente l’incubo del terrorismo islamico?
"Non glielo so dire. L’agenda dell’Isis è piuttosto imperscrutabile. Hanno mobilità di alleanze e di obiettivi al di sopra dei nostri eserciti. Comunque non mi farei illusioni. Evidentemente non rientriamo ancora nei loro piani, per ora…"
Rispetto al dossier siriano, qual è la posizione che sta tenendo Israele?
"Mi creda non l’ho capito neppure io. Quest’alleanza stretta tra Tel Aviv e Riyad mi sembra un po’ strana, non ne capisco il senso. Ma si sarà fatta un’idea onorevole… No, no. Se qualcuno se l’è fatta e la dice agli altri è meglio. Io mi devo attenere alle dichiarazioni di Netanyahu e al suo timore della bomba nucleare in Iran e credo che questa inedita alleanza sia nata per opporsi a Teheran. Io preferisco legalizzare e monitorare piuttosto che semplicemente proibire e sono favorevole a quell’accordo sul nucleare... Anzi, mi piacerebbe che anche gli altri paesi in possesso della bomba nucleare, dall’India al Pakistan, fossero parte del trattato di non proliferazione e sottoposti agli stessi controlli. Se mi posso permettere, almeno in termine di terrorismo degli ultimi anni, di sciitii non ce ne sono stati. Sono sempre stati tutti sunniti wahabiti, da Al Qaida in poi. Quindi non trovo logica la posizione di Israele."
Passiamo alla Libia. Alle luce dell’accordo firmato tra Tripoli e Tobruk quale dovrebbe essere la posizione dell’Italia?
"Intanto spero che l’accordo appena firmato tra Tripoli e Tobruk possa coinvolgere un vasto numero di attori nella regione prima della sua entrata in vigore. Al momento mi sembra troppo ristretto, ma so che molti sono al lavoro per allargare la base di consenso. Non possiamo rischiare di continuare ad avere due parlamenti tre governi e nessuno stato. Spero che l’operazione funzioni. L’Italia è appunto attiva in questo senso, cioè per avere un Governo libico con una base allargata e ha dato disponibilità a corrispondere alle richieste che i libici faranno, ovviamente il tutto attraverso una risoluzione delle Nazioni Unite. Di certo non dobbiamo pensare a sbarchi militari in Libia."
E quale dovrebbe essere il nostro approccio rispetto al fenomeno dell’immigrazione dall’Africa all’Europa?
"Un governo stabile Libia può aiutare a gestire meglio il fenomeno dei migranti, ma di certa non lo ferma. Il nostro approccio dovrebbe essere realista: è assolutamente normale che dall’Africa milioni di disperati siano in cerca di una sistemazione migliore. Non tutti comunque chiedono di venire in Europa, anzi, un’esigua minoranza di chi parte desidera raggiungere le nostre coste. Comunque le ripeto, la gente tradizionalmente scappa da guerre e carestie, quindi non illudiamoci di fermare da un giorno all’altro gli arrivi dei migranti."