La classe al potere demonizza quella che vuol prenderle il posto
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effetto della «conventio ad excludendum» basata sulla cosiddetta disciplina repubblicana che fino a oggi induceva gaullisti e socialisti a far fronte comune al secondo turno delle elezioni.
di Sergio Soave Italia Oggi 9.12.2015
I toni prevalenti nei commenti da sinistra al successo del Front national nelle elezioni regionali francesi hanno in generale il tono della «patria in pericolo» o della «fine della democrazia». L'eccezione viene da Enrico Letta che, forse perché risiede e lavora a Parigi, invita a dare la possibilità a Marine Le Pen e ai suoi di governare le regioni, in modo da farle perdere l'aura di estraneità al potere che è conseguenza dell'ostracismo che il suo movimento ha subito per effetto della «conventio ad excludendum» basata sulla cosiddetta disciplina repubblicana che fino a oggi induceva gaullisti e socialisti a far fronte comune al secondo turno delle elezioni.
Il fatto che Nicolas Sarkozy abbia deciso di non osservare più quel patto probabilmente nasce dalla convinzione che il suo elettorato non avrebbe comunque seguito il consiglio di votare per i candidati socialisti. Lo stesso peraltro potrebbe accadere in Italia, almeno secondo i sondaggi, in caso di ballottaggio tra il Pd e il Movimento 5 stelle, con la possibilità che quest'ultimo prevalga grazie a un apporto di consensi provenienti dal centrodestra, che comunque non riuscirebbe a indurre il suo elettorato a confluire nel Pd. Questo significa che formazioni «antisistema» potenzialmente possono raggiungere la maggioranza, il che rende paradossale la pretesa di considerarle estranee alla democrazia, almeno a quella basata sulla sovranità popolare.
L'argomento dei difensori della patria in pericolo nasce dall'esperienza della vittoria elettorale dei fascisti nel 1924 e dei nazisti nel 1933, ma il paragone non regge perché il dato essenziale di quella fase fu la guerra civile europea e soprattutto il fatto che la democrazia liberale non era riuscita o aveva rinunciato a impedire la formazione di partiti armati, che per questo loro carattere, non per il consenso popolare, erano estranei alla democrazia.
L'idea invece che la democrazia coincida con il «sistema», che chi ne intende mutare aspetti istituzionali rilevanti debba essere considerato un corpo estraneo nasce da una aspirazione all'inamovibilità delle classi dominanti politiche e culturali che si considerano proprietarie della democrazia. Per quanto alcune delle proposte o delle intenzioni dei cosiddetti populisti siano deprecabili, la regola democratica richiede che esse siano respinte dal basso, dall'elettorato, non precluse dall'alto.
È proprio questa concezione elitaria del potere democratico, che si è consolidata da quando con la caduta dell'Urss sembrava finita la contrapposizione tra sistemi, che dà forza popolare alla protesta di chi si sente escluso ingiustamente e trova rifugio nelle formazioni antisistema.
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